Borgomanero - Celebrazione del 25 Aprile a Borgomanero: questo il discorso pronunciato questa mattina dal sindaco Sergio Bossi: "Un 25 aprile particolare, che ci toglie, come lo scorso anno, l’emozione, il contatto fisico, il calore umano della partecipazione della gente, soprattutto dei ragazzi delle scuole, ma è un 25 aprile forse più vero, al di fuori della retorica, che ci ricorda il dovere di essere uniti di fronte a difficoltà enormi e a sofferenze quali la recente epidemia ha portato nel nostro paese, nel nostro territorio. E’ un 25 aprile diverso, anomalo, perché la pandemia del coronavirus non permette che venga celebrata da tradizione una delle giornate più significative della nostra Repubblica: la festa della liberazione, che quest’anno giunge al 76esimo anniversario. Come ha affermato il presidente Mattarella, si celebra “la data fondatrice della nostra esperienza democratica”, di cui la Repubblica è presidio con la sua Costituzione. La pandemia del virus che ha colpito i popoli del mondo ci costringe a celebrare questa giornata nelle nostre case. Ai familiari di ciascuna delle vittime vadano i sentimenti di partecipazione al lutto da parte di tutta la nostra Comunità nazionale, così come va espressa riconoscenza a tutti coloro che si trovano in prima linea per combattere il virus e a quanti permettono il funzionamento delle filiere produttive e dei servizi essenziali. Manifestano uno spirito che onora la Repubblica e rafforza la solidarietà della nostra convivenza, nel segno della continuità dei valori che hanno reso straordinario il nostro Paese. In questo giorno richiamiamo con determinazione questi valori. Fare memoria della Resistenza, della lotta di Liberazione, di quelle pagine decisive della nostra storia, dei coraggiosi che vi ebbero parte, resistendo all’oppressione, rischiando per la Libertà di tutti, significa ribadire i valori di libertà, giustizia e coesione sociale, che ne furono alla base, sentendoci uniti nel tricolore. Chi oggi rappresenta le istituzioni ben conosce quanto la comunicazione è significativa: il messaggio non può essere uno strumento per evitare le proprie responsabilità dirette; per questo motivo richiedere responsabilità alla cittadinanza rappresenta quanto di più significativo si possa fare, chiedere senza imporre, far capire le motivazioni di una scelta senza usare facili passaggi e scuse, operando con rispetto e accompagnando ogni persona verso la dignità delle proprie scelte attraverso norme, possibilità e solidarietà. Quel senso di necessità di normalità, deve essere lo strumento che ci permette di andare avanti, senza chiuderci nel più totale isolamento. Non sappiamo quello che abbiamo di fronte a noi, ne come saremo tra qualche mese, tra qualche anno. Concludo questo mio intervento prendendo spunto da un racconto di Fulvio Marcellitti che ritengo quanto mai attuale, ma sappiamo da dove veniamo e comprendiamo il significato di una scelta, dell’essere di parte e in particolare essere dalla parte di chi pone il suo benessere al pari degli altri , di chi opera quotidianamente per la rimozione degli ostacoli che limitano la libertà altrui e contro le aggressioni della libertà e del pensiero, così come, ancora dopo 76 anni, abbiamo imparato dalla lotta di Liberazione e dalla Resistenza. <Se ne vanno. Mesti silenziosi come magari è stata umile e silenziosa la loro vita, fatta di lavoro e sacrifici. Se ne va una generazione, quella che ha visto la guerra, ne ha sentito l’odore e le privazioni, tra la fuga in un rifugio antiaereo e la bramosa ricerca di qualcosa per sfamarsi. Se ne vanno mani indurite dai calli, visi segnati da rughe profonde, memorie di giornate passate sotto il sole cocente, o il freddo pungente. Mani che hanno spostato macerie, impastato cemento, piegato ferro, in canottiera e capello di carta di giornale. Se ne vanno quelli della Lambretta, della Fiat Cinquecento o Seicento, dei primi frigoriferi, della televisione in bianco e nero. Ci lasciano, avvolti in bianco e nero. Ci lasciano, avvolti in un lenzuolo, come Cristo nel sudario, quelli del boom economico che con il sudore hanno ricostruito questa nostra nazione, regalandoci quel benessere di cui abbiamo impunemente approfittato. Se ne va l’esperienza, la comprensione, la pazienza, la resilienza, il rispetto, pregi oramai dimenticati. Se ne vanno senza una carezza, senza che nessuno gli stringerli la mano, senza neanche un ultimo bacio. Se ne vanno i nonni, memoria storica del nostro Paese, patrimonio dell’intera umanità. l’Italia intera deve dirvi GRAZIE e accompagnarvi in quest’ultimo viaggio con 60 milioni di carezze>. W il 25 aprile, viva l’Italia".