Novara - Il dramma del 16enne morto a Riccione visto da Federico Mazzaron, giovanissimo autore del libro “La matematica dell’amore”: "Sento il dovere di condividere questo pensiero con Lei. Stamattina ho guardato il telegiornale. La prima notizia di cronaca era riservata ad un adolescente. Un ragazzo di sedici anni. Un ragazzo senza nome, con chi sa quali sogni, quali desideri, quali speranze. Una bellezza che magari doveva essere ancora rivelata. Una bellezza comunque interrotta. Mdma: ecco il nome che l’ha condotto a guardare l’inferno, qui su questa terra, prima di chiudere gli occhi per sempre. In una notte afosa di luglio, nel giorno in cui ricordiamo il sacrificio di Paolo Borsellino sull’altare della libertà e della legalità. E’ un problema grave, pericoloso, attualissimo. Nel nostro territorio è un problema presente, che deve essere affrontato con serietà. Si può morire a sedici anni in una discoteca? Si può abbandonare il futuro per una pastiglia? Per lo “sballo” in compagnia? Per l’accettazione del branco? No, non si può. Ma la colpa non è solo di questi ragazzi, pronti a credere che il presente sia meglio del futuro. La colpa è un po’ di tutti. Adulti, istituzioni e insegnanti soprattutto. Perché non educhiamo i ragazzi alla bellezza? Perché li facciamo scappare dalle nostre belle scuole? Perché li abbandoniamo a se stessi e nelle strade? Nelle strade, nella notte, regna sempre il buio. Perché non li educhiamo alla luce? E’ l’ambiguità delle nostre città, in una via vi è la luce e girato l’angolo trovi il buio. Qualche settimana fa nel mio paese si è disputato l’annuale torneo dell’oratorio. Che bello, vedere i ragazzi lottare, battersi per realizzare un piccolo sogno. Che bello vedere tante gente in posto che, per natura, richiama la bellezza. Girato l’angolo, se da via Cavour svoltavi in via Vescovo Bovio, nello stesso instante regnava l’inferno. Occhi rossi e pastiglie. Ombra e cattiveria. In un parchetto destinato ai bambini ed abbandonato alle leggi della notte. Ricordo da piccolo quando uscivo da scuola, lì davanti. Giocavo tutto il pomeriggio. Oggi cammino su quei prati, e con tristezza, amara consapevolezza, sono rassegnato all’idea che “non si possono salvare tutti”. Quell’inferno, comunque, che ha portato tre ragazzi, ubriachi e drogati, a rompere la vetrina di un esercizio commerciale gestito da cinesi. Eccolo l’inferno della droga. Circondato dal silenzio assenso, di cui a volte sono testimoni (mea culpa) persone che con l’inferno non vogliono centrarci nulla. Come possiamo fare, gentile direttore, per fermare questa violenza? Dobbiamo aspettare l’eco delle cronache nazionali o possiamo e dobbiamo intervenire prima? La risposta credo sia scontata. Alla famiglia il compito di vigilare, agli insegnanti di educare, alle forze dell’ordine di combattere, alla politica di prevenire ed infine agli amici di consigliare. Insieme possiamo combattere questo triste fenomeno. Viva la vita".