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Attenzione al benessere animale… la farmacovigilanza veterinaria

Intervista alla dott.ssa Elena Costanti, Dirigente Medico Veterinario dell’area di Igiene degli Allevamenti e delle Produzioni Zootecniche dell’ASL NO

Novara Siamo abituati a parlare di uso e abuso di medicinali rivolti alla cura delle persone, ma dimentichiamo spesso che i farmaci vengono utilizzati anche in campo veterinario per la cura degli animali e non solo per i nostri animali da compagnia, ma anche per gli animali che producono alimenti per l’uomo, come latte, uova e carne.

Dottoressa, in ambito veterinario si parla di farmacosorveglianza: di che cosa si tratta?

La farmacosorveglianza è l’insieme di tutte le attività di controllo a carattere preventivo riguardanti l’impiego dei medicinali veterinari e delle pre-miscele medicate inserite negli alimenti zootecnici contenenti sostanze farmacologiche. Il controllo viene effettuato seguendo tutto l’iter del farmaco veterinario, cioè partendo dalla produzione, poi a livello di distribuzione, di detenzione, di fornitura e fino all’impiego dei medicinali veterinari negli allevamenti, che è il punto di maggiore interesse, in quanto può avere riscontri diretti sulla salute pubblica.

Quale è il principale impiego dei farmaci veterinari negli allevamenti?

Oltre all’utilizzo dei vaccini a scopo profilattico, per far sì che gli animali allevati sviluppino una risposta anticorpale tale da proteggerli nei confronti delle principali malattie infettive riferibili alle varie specie, il principale impiego dei farmaci è per la cura degli animali che si ammalano.

Gli allevatori sono infatti obbligati a garantire lo stato di salute e di benessere dei loro animali ed a sottoporre tempestivamente i soggetti ammalati a visita clinica da parte di un medico veterinario, che fornirà o prescriverà le cure necessarie.

Una curiosità: ma il farmaco veterinario viene prescritto con un particolare ricettario, soprattutto se si tratta di farmaci destinati alla cura di animali produttori di alimenti per l’uomo?

Certamente! Il Codice Europeo o Comunitario dei Medicinali Veterinari, entrato in vigore nel 2006 con il Decreto Legislativo n. 193, impone che la vendita di medicinali veterinari ad azione immunologica, di premiscele medicate e di medicinali contenenti chemioterapici, antibiotici, antiparassitari, corticosteroidi, ormoni, antiinfiammatori, sostanze psicotrope (ad eccezione di quelle per le quali è richiesta la ricetta medica speciale), sostanze neurotrope, tranquillanti e beta-agonisti, se prescritti per animali destinati alla produzione di alimenti per l’uomo, possa essere effettuata soltanto a seguito di prescrizione medico veterinaria non ripetibile.

Tale prescrizione viene fatta su modello ministeriale in triplice copia, di cui la prima copia viene conservata dal farmacista, la seconda deve essere inviata dal farmacista stesso al Servizio Veterinario della ASL entro una settimana dalla vendita e la terza viene conservata dall’allevatore, come indicazione per l’utilizzo del farmaco stesso, della posologia e degli animali da sottoporre a trattamento farmacologico.

Ciò è molto importante, perché è il primo feedback che ha il Servizio Veterinario, riguardo a qualsiasi farmaco prescritto per gli animali da produzione. Naturalmente tutte le ricette pervenute vengono controllate (nell’anno 2015 ne sono arrivate 3800).

Cosa viene controllato invece in allevamento?

Nell’ambito della farmacosorveglianza in allevamento viene invece controllato l’utilizzo dei medicinali veterinari. Secondo quanto previsto dal Codice Comunitario, gli allevatori di animali produttori di alimenti per l’uomo hanno infatti l’obbligo di dichiarare tutti i trattamenti farmacologici somministrati su un apposito registro ufficiale a pagine pre-numerate e vidimato dall’ASL, indicando l’identificazione del medicinale veterinario, la quantità, il nome e l’indirizzo del fornitore, l’identificazione degli animali trattati e la data di inizio e di fine trattamento; unitamente al registro devono anche conservare le copie delle prescrizioni medico veterinarie e la documentazione d’acquisto dei farmaci.

Oltre alla correttezza delle registrazioni e di tutta la documentazione presente, durante le verifiche in allevamento vengono anche valutate la coerenza (per quantità e tipologia) e la congruità dei medicinali utilizzati o eventualmente presenti in scorta (negli allevamenti autorizzati a detenere scorte) con la reale esigenza, in base alla realtà zootecnica (dimensione e tipologia) ed alla situazione epidemiologica dell’allevamento.

Ma come può l’utilizzo di medicinali veterinari per la cura di animali produttori di alimenti per l’uomo avere delle influenze sulla salute pubblica?

L’utilizzo dei medicinali veterinari negli animali da reddito è consentito e addirittura obbligatorio per garantire la loro salute ed il mantenimento del loro benessere. Ma l’utilizzo del farmaco deve avvenire in maniera responsabile e gli allevatori devono in primo luogo rispettare quello che viene definito “tempo di attesa: intervallo di tempo che deve intercorrere tra l’ultima somministrazione del medicinale veterinario agli animali e l’ottenimento di prodotti alimentari da tali animali per tutelare la salute pubblica garantendo che detti prodotti non contengano residui in quantità superiore ai limiti massimi di residui di sostanze attive, come stabilito ai sensi del regolamento (CEE) n°37/2010”(D.L.vo 193/2006).

Il rischio di un utilizzo scorretto è quello di avere poi dei residui di farmaci negli alimenti prodotti dagli animali trattati, pensiamo al latte, alle uova ed alla carne.

Il concetto di “residuo” viene espresso dal Decreto Legislativo n°158 del 2006 come “residuo di sostanze ad azione farmacologica, di loro prodotti di trasformazione, nonché di altre sostanze che si trasmettono ai prodotti animali e che possono essere nocivi per la salute umana”.

Proprio per ridurre al minimo il rischio di avere residui di farmaci negli alimenti, questo decreto stabilisce anche un piano di campionamento ministeriale, chiamato Piano Nazionale per la ricerca dei Residui, che consiste in un "piano di campionamento a livello del processo di allevamento degli animali da reddito e di prima trasformazione dei prodotti di origine animale al fine di svelare i casi di somministrazione illecita di sostanze vietate e di somministrazione abusiva di sostanze autorizzate e di verificare la conformità dei residui di medicinali veterinari con i limiti massimi di residui (LMR) fissati nell’allegato del regolamento (UE) n°37/2010 e delle quantità massime di antiparassitari e di contaminanti ambientali fissate dalla normativa nazionale e comunitaria”.

A livello di verifiche in allevamento vengono quindi effettuati dal Servizio Veterinario numerosi campionamenti sugli animali vivi, attraverso il prelievo di sangue, urina, pelo ed al macello sulle matrici alimentari da loro derivate, proprio per evitare che residui di farmaci passino negli alimenti e possano essere assunti dalle persone attraverso l’alimentazione quotidiana.

Possono esserci abusi di farmaci e per quale finalità oppure utilizzi di medicinali vietati?

Particolare attenzione in questo caso deve essere rivolta all’uso degli antibiotici, che dovrebbero essere somministrati esclusivamente ad animali ammalati e basando la scelta sui risultati dell’antibiogramma, che definisce la sensibilità del battere isolato alle diverse categorie di antibiotici. L’uso prudente degli antibiotici è infatti particolarmente importante per prevenire il fenomeno dell’antibiotico-resistenza, ovvero lo sviluppo di batteri resistenti che renderebbero inefficace l’utilizzo degli antibiotici stessi.

Viene poi valutato in allevamento anche l’utilizzo estensivo e prolungato di antibiotici e di altri farmaci a particolari fasce omogenee di animali per fasi produttive, che potrebbero far presumere ad un uso “auxinico” illecito, cioè ad un uso dei farmaci come promotori di crescita.

Infine, come abbiamo detto, il Piano Nazionale per la ricerca dei Residui prevede anche la ricerca di ormoni e sostanze vietate ad effetto anabolizzante, per smascherare l’eventuale utilizzo fraudolento di queste sostanze vietate.

Possono esserci segnalazioni di reazione avverse ai farmaci e a chi vanno segnalate?

In questo caso si parla di farmacovigilanza veterinaria, che ha la finalità di controllare costantemente il farmaco veterinario già autorizzato ed in commercio, durante il suo impiego nella pratica clinica. Ha lo scopo di controllare la sicurezza clinica dei farmaci negli animali, ma anche le possibili reazioni avverse nell’uomo che li manipola, di controllare l’assenza di fenomeni negativi sull’ambiente, la sicurezza degli alimenti di origine animale e l’eventuale comparsa di farmaco resistenza, valuta cioè in definitiva il rischio/beneficio di un farmaco. La farmacovigilanza non ha limiti temporali, perché il periodo di osservazione di un farmaco è pari alla sua commercializzazione ed interessa tutti i soggetti coinvolti nel suo impiego.

In Piemonte è attivo presso la Facoltà di Medicina Veterinaria di Grugliasco (TO) il C.R.R.F.V. (Centro di Referenza Regionale per la Farmacovigilanza Veterinaria) che raccoglie e studia tutte le segnalazioni di reazioni avverse o di diminuita efficacia dei farmaci veterinari.

I medici veterinari e i farmacisti, in collaborazione con gli allevatori, hanno l’obbligo di comunicare al Centro sia i casi di sospette reazioni avverse riscontrate negli animali trattati o nelle persone che hanno manipolato il farmaco veterinario in questione, come pure una eventuale diminuzione della sua efficacia terapeutica, mediante la compilazione di apposite schede di segnalazione scaricabili dal sito del Centro citato.