Novara - Tosse, espettorato e affanno: sono questi i campanelli d’allarme della BPCO (broncopneumopatia cronica ostruttiva), patologia respiratoria cronica che provoca un’ostruzione progressiva dei bronchi e dei polmoni e può portare fino all’insufficienza respiratoria ed all’ossigenoterapia. Se ne parla il 6 e il 7 giugno nell’ambito dell’incontro “Respiro Stresa: le fasi più avanzate della BPCO”, per approfondire con esperti provenienti da tutta Italia, i bisogni clinici dei pazienti e le strategie terapeutiche innovative. Nel mondo la BPCO colpisce 210 milioni di persone ed è la terza causa di morte, dopo ictus e cardiopatia. Sebbene in Italia sia notevolmente sotto-diagnosticata, si stima che abbia circa il 4.5% della popolazione generale ne sia affetta. Si tratta di un fenomeno in crescita che in Piemonte colpisce circa 250.000 persone, corrispondente al 10% del dato nazionale, di cui circa 15.000 nella sola provincia di Novara.
Tra i principali fattori di rischio, oltre al fumo di tabacco, l'esposizione professionale a sostanze irritanti (polveri, agenti chimici, fumi e vapori) e l’inquinamento atmosferico e domestico. E nonostante il luogo comune secondo cui la BPCO si manifesta principalmente in età avanzata, analisi recenti indicano che colpisca in gran misura anche persone al di sotto dei 65 anni.
I pazienti alternano periodi durante i quali il progredire della malattia è lento e progressivo, a momenti caratterizzati da riacutizzazioni che possono comportare l’ospedalizzazione e un repentino peggioramento della funzionalità polmonare.
“Nel nostro reparto – spiega il Dottor Bruno Balbi, Primario della Divisione di Pneumologia Riabilitativa – Fondazione Salvatore Maugeri Veruno, Novara – su 1.300 ricoveri annuali, la maggioranza riguarda pazienti con BPCO. E’ un dato che deve fare riflettere. Siamo in presenza di una patologia che ha un indice di mortalità del 5,5 per 10.000 abitanti”.
Nella maggior parte dei casi, quando il paziente viene individuato, lo stadio della malattia è già avanzato ad un livello moderato, se non grave, con ripercussioni importanti sia sulla qualità di vita, e con riflessi anche in termini di costi socio-sanitari.
“La gestione di un paziente con BPCO da moderata a grave – continua il Dottor Balbi– deve prevedere non solo l’individuazione della terapia farmacologica adeguata alla gravità della malattia e della eventuale co-presenza di altre patologie, ma anche un approccio non farmacologico comprendente un percorso di educazione al paziente su come utilizzare i farmaci, con i relativi inalatori, e di riabilitazione respiratoria con progressivo riadattamento ad una adeguata attività fisica”.
Come in tutte le malattie croniche, anche nella BPCO si manifesta una bassa aderenza alla terapia e le motivazioni sono diverse: spesso i pazienti non accettano la diagnosi, o hanno una bassa consapevolezza di che cosa questa patologia comporti; ma un’assunzione non regolare della terapia concorre alla persistenza dei sintomi se non addirittura ad un peggioramento dello stato di salute complessivo del paziente.
La possibilità di contare in futuro su nuove strategie terapeutiche che migliorano la broncodilatazione, è uno degli aspetti che potrebbe influenzare molto l’atteggiamento dei pazienti. E a questo proposito, nel corso della seconda giornata del convegno, uno dei temi affrontati riguarderà proprio le frontiere della terapia broncodilatatoria per la BCPO.
“Gli studi effettuati con l'impiego di due broncodilatatori (come evidenziato ad esempio nel programma Ignite) - spiega Balbi- che agiscono in maniera sinergica e complementare, dimostrano che massimizzare la broncodilatazione potrebbe apportare un notevole miglioramento sull'andamento della patologia, riducendo il rischio di riacutizzazioni e delle conseguenti ospedalizzazioni con un beneficio significativo sulla qualità di vita del paziente”.