Novara - La Commissione odontoiatri dell’Ordine dei medici di Novara interviene dopo la chiusura di una nota catena di studi dentistici “su strada” che anche a Novara ha lasciato diversi pazienti nei guai. «Si ripropone un tema di fondo: non è possibile che i pazienti vengano lasciati nelle mani di società di capitale con il business come unico scopo – spiega il presidente della Commissione odontoiatri, Michele Montecucco (foto) – E’ un problema serio, che tocca anche questioni deontologiche: non è possibile che mere questioni economiche, al limite del truffaldino, blocchino terapie in atto, già pagate dai pazienti che rimangono senza tutela alcuna. E che non possono neppure entrare in possesso della loro documentazione per passare ad altri dentisti, dato che è impossibile trovare un interlocutore e tantomeno un direttore sanitario responsabile.
«Crediamo che sia il caso di una riforma del settore – aggiunge il dott. Montecucco – che metta al centro il rapporto dentista-paziente. Da parte nostra dobbiamo poi farci carico di un’opportuna campagna comunicativa per spiegare ai cittadini i vantaggi di un rapporto costante e fiduciario con il dentista che superano le terapie low-cost proposte da questi grandi gruppi internazionali che mettono al centro il business e non il paziente, incantando i malcapitati con pubblicità suggestionali che quasi mai corrispondono alla reale qualità delle terapie proposte».
«A me capita molto spesso di visitare pazienti che mi chiedono una seconda opinione su piani di trattamento elaborati da qualcuna di queste catene: nel 90% dei casi o sono state diagnosticate patologie inesistenti (“dottore, mi hanno trovato nove carie, com’è possibile?”: in realtà non ce n’era alcuna) o sono stati proposti trattamenti inutili e costosi (impianti in luogo di terapie più conservative) – conclude il presidente della Commissione odontoiatri - Il problema di fondo è che in queste realtà chi comanda e impone ai dentisti dipendenti i trattamenti è il “commerciale” che in base agli obbiettivi di budget obbliga gli operatori a “produrre” tot pezzi, non curandosi della reale necessità del paziente».