Novara - Ammontano ad oltre 70 milioni di euro i costi indebitamente dedotti da un’Azienda novarese operante nel settore della commercializzazione di materiale informatico. E’ il dato più eclatante emerso all’esito di un’attività di verifica fiscale conclusa dal Nucleo di Polizia Tributaria della Guardia di Finanza di Novara, al termine di oltre un anno di controlli incrociati e di una minuziosa ricostruzione delle transazioni poste in essere dalla Società. Le operazioni ispettive hanno preso in esame le annualità di imposta dal 2005 al 2010, in relazione alle quali sono emerse evidenti le caratteristiche proprie della cosiddetta “frode carosello”. Tale meccanismo criminoso prevede, di norma, l’interposizione di uno o più soggetti economici (definiti “cartiere”) che effettuano acquisti fittizi dai fornitori, rivendendo successivamente le merci al reale compratore assumendosi così l’integrale debito di imposta, salvo poi omettere la presentazione delle previste dichiarazioni fiscali procedendo all’occultamento od alla distruzione delle scritture contabili, senza dunque corrispondere all’Erario alcuna imposta sul valore aggiunto; il reale acquirente si trova, di contro, ad utilizzare fatture alle quali è regolarmente applicata l’Iva, in relazione alle quali assume il diritto alla detrazione. Nel corso del controllo è emerso, in particolare, come la verificata, pur rifornendosi di fatto da importanti distributori di settore aventi sede principalmente nel capoluogo lombardo, fosse solita far risultare gli stessi acquisti come effettuati, sotto il mero profilo della documentazione cartolare, per il tramite di numerose Aziende terze, definite, in gergo, “interposte”. Il comportamento della verificata è apparso subito anomalo ai militari, in quanto l’acquisto di prodotti mediante l’intermediazione di fornitori terzi si sostanzia in un ulteriore passaggio nella catena di distribuzione, ciò che secondo le ordinarie norme commerciali conduce ad un ulteriore incremento del costo d’acquisto, con ovvie conseguenti ripercussioni sul prezzo di vendita.
Singolarmente, tuttavia, nel caso della Società novarese non solo ciò non si verificava ma, al contrario, dall’esame della fatturazione nei vari passaggi documentali risultava che il prezzo di acquisto della merce diventava persino inferiore a quello sostenuto a propria volta dal fornitore della stessa. Ed è proprio in questi passaggi, apparentemente sterili se non persino controproducenti sotto il normale profilo commerciale, che è stato individuato il chiaro vantaggio economico che la verificata ha conseguito nel rivolgersi, per le proprie forniture - si ribadisce, sotto il mero profilo cartolare -, a degli intermediari, piuttosto che far emergere anche sotto il profilo documentale la realtà fattuale circa il vero fornitore. Nel dettaglio, l’attività ispettiva ha acclarato che la Società novarese ha annotato fatture di acquisto di materiale informatico quasi esclusivamente presso dieci fornitori, ubicati in Lombardia, Emilia, Lazio, Liguria ed, in Piemonte, nella provincia di Biella. Ebbene, in tutti i casi i controlli incrociati effettuati hanno dimostrato che nessuna di queste Aziende possedeva una struttura idonea o competenza tecnica tale da giustificare le movimentazioni contabili; che non possedevano magazzini o personale dipendente; che erano gestite da soggetti prestanome nullatenenti; e, soprattutto, che erano, a fattor comune, indifferenti agli obblighi dichiarativi, risultando sistematicamente “evasori totali”. E’ apparso di tutta evidenza, quindi, come il meccanismo fraudolento individuato dalle Fiamme Gialle di Novara abbia consentito alla Società verificata di commercializzare i prodotti informatici sottocosto, rendendosi, così, maggiormente competitiva rispetto ai concorrenti, proprio in virtù del vantaggioso rapporto qualità - prezzo offerto, con un conseguente rilevante aumento del volume d’affari e dei profitti. In virtù del quadro giurisprudenziale consolidatosi negli ultimi anni, il rapporto che è intercorso tra i soggetti nazionali coinvolti è qualificabile come “simulazione soggettiva” finalizzata alla frode Iva e, per questi motivi, le fatture emesse dalle fornitrice della Società novarese verificata sono state qualificate come “inesistenti soggettivamente”.
Le indagini hanno consentito infine di quantificare la base imponibile sottratta al Fisco in oltre 70 milioni di euro in materia di imposte dirette (a titolo di costi non deducibili derivanti, come detto, dall’utilizzo di fatture false) e un omesso versamento di Iva per complessivi 14 milioni di euro. Al termine del controllo, i militari hanno segnalato alla competente Procura della Repubblica il responsabile dell’impresa, M. A., 35enne, in relazione alle fattispecie delittuose fiscale di “Dichiarazione fraudolenta mediante uso di fatture o altri documenti per operazioni inesistenti” (art. 2 D.Lgs n. 74/2000), relativamente alle dichiarazioni presentate per gli anni d’imposta 2007, 2008, 2009 e 2010.
“Il meccanismo fraudolento individuato - commenta il Comandante Provinciale delle Fiamme Gialle, Col. t.SFP Angelo Russo - ha effetti rilevanti anche sul prezzo del prodotto e turba la leale concorrenza nel mercato. La ditta cartiera, per la sua natura meramente fittizia e quindi estranea ad ogni logica commerciale, può permettersi di praticare qualsiasi prezzo sul prodotto, abbassandolo notevolmente e permettendo all’acquirente finale di praticare prezzi più bassi per vincere la concorrenza di chi invece opera correttamente. Ciò è ancora più evidente in un settore come quello informatico ove, come noto, il margine di ricarico è molto basso ed esiste il fenomeno cosiddetto “down pricing”, che obbliga gli operatori a ridurre al limite il margine di guadagno con conseguente discesa costante dei prezzi verso il basso”.