Novara - Riceviamo e pubblichiamo da Michele Frisia, segretario della sezione di Novara del Sindacato Autonomo di Polizia: "La devastazione di Milano? Una tragedia annunciata, già vissuta e che si ripeterà! L’insensata devastazione di Milano ad opera dei soliti noti è stata una tragedia che il Sindacato Autonomo di Polizia ha annunciato e visto già troppe volte. Ogni futura manifestazione sarà a rischio, e potrà agevolmente trasformarsi nell’ennesimo saccheggio. Il SAP già dall’anno scorso ha messo in chiaro i problemi dell’ordine pubblico e ha chiesto nuove norme chiare ed efficaci: un magistrato in piazza accanto alla polizia, per rendersi conto di quello che sta accadendo; arresto obbligatorio per chi manifesta con armi o travisato; divieto di partecipare a future manifestazioni per i facinorosi; arresto differito che permetta di colpire i criminali quando non sono protetti dalla folla; regole d’ingaggio chiare e credibili; e infine garanzie funzionali per chi, lavorando in divisa, viene denunciato ogni volta in cui questa sembri una buona strategia difensiva. Operare in uno scenario di guerriglia urbana non è agevole, ma la polizia potrebbe farlo. Se non lo fa è a causa dell’attuale legislazione, delle scelte del Governo e delle valutazioni dei nostri vertici. Oggi, nel nostro paese, solo i poliziotti e i bravi cittadini hanno il timore di finire tra le maglie della giustizia, mentre i criminali si fanno beffe del sistema sicurezza. A Milano i facinorosi avevano organizzato preventivi piani di fuga, il cambio d’abiti per sfuggire alla successiva identificazione, l’approvvigionamento di armi, le imboscate agli operatori delle forze dell’ordine; girava addirittura un volantino con le strategie da seguire durante gli scontri e perfino in caso di fermo. Infine in piazza c’erano criminali che, dopo essere stati denunciati 30, 50, anche 70 volte dalla polizia, continuano felicemente a riunirsi per devastare le città, quando la nostra Costituzione recita qualcosa di molto diverso, ovvero che i cittadini possono manifestare “pacificamente e senz’armi”. Quello che è successo a Milano non è un caso: è il frutto di anni e anni di delegittimazione delle forze dell’ordine, ad opera sia del partito dell’Anti-Polizia, sia di chi avrebbe dovuto difenderci e invece ci appellava con epiteti infelici. I nostri vertici non ci tutelano e chi vuole svolgere il proprio lavoro con coscienza ed efficacia viene lasciato solo. Dietro alla punta dell’iceberg che emerge a seguito di questi drammatici eventi, c’è un mondo di quotidianità che ci colpisce costantemente, come ad esempio le migliaia di denunce calunniose, che se alla lunga non portano ad alcuna conseguenza penale, provocano però per i malcapitati anni di mal di stomaco, come può succedere solo a chi crede nel sistema all’interno del quale lavora, perfino se questo non li tutela. Mentre il diritto penale viene tagliuzzato e smembrato per adattarne l’efficacia alla capienza delle carceri, mentre vengono inventati modi sempre più elaborati per evitare di punire chi compie atti criminali, pensiamo veramente che la deterrenza esista ancora? E la priorità politica qual è? Il reato di tortura. C’è un motivo molto preciso se l’introduzione di tale reato nel nostro ordinamento, più volte giustamente sollecitata dagli organismi internazionali, continua ad arenarsi, ed è la pervicacia con la quale una parte dell’establishment politico cerca di strumentalizzare tale norma per limitare ancora di più l’operato delle forze di polizia. I cittadini non sanno che nei giorni scorsi la Camera dei Deputati, anziché suggellare il disegno di legge già approvato dal Senato, lo ha invece modificato in maniera sostanziale, bloccandone nuovamente l’approvazione. Questo nuovo disegno prevede qualcosa che, se dovesse diventare legge, non permetterebbe più di affrontare, bloccare e arrestare nessuno, né in operazioni di polizia né durante l’ordine pubblico. Può essere considerata tortura ed essere punita con pene fino a quindici anni la condotta di un poliziotto che “minaccia” o “infligge sofferenze fisiche” a una persona, al fine di “vincerne la resistenza”? E in che altro modo si può vincere la resistenza di un criminale se non forzandogli le articolazioni, colpendolo col manganello o minacciandolo con una pistola? La politica ci sta forse chiedendo di invitare gentilmente i criminali a seguirci in Questura? Sono ormai anni che ogni provvedimento legislativo o amministrativo ostacola l’attività di polizia. Mentre le forze dell’ordine degli altri Paesi, e non solo negli Usa ma anche nei Paesi europei come Francia e Germania, si evolvono e si mantengono al passo coi tempi, noi restiamo ancorati alle dotazioni del dopoguerra. Non abbiamo Taser né spray urticanti; le nostre munizioni blindate sono state abbandonate da quasi tutte le polizie perché inefficaci sui criminali e pericolose per gli astanti; l’addestramento al tiro è episodico e antiquato; per fortuna sono arrivati i telefoni cellulari (privati) che permettono di comunicare, perché le radio sono insufficienti; per arginare i delinquenti alterati dalle sostanze abbiamo le manette, ma per bloccare i piedi dobbiamo arrangiarci come capita e ricevere poi le critiche dei soliti “esperti” dell’ultimo minuto; non ci sono più fondi per la formazione professionale; per non parlare infine delle possibilità di carriera per i più meritevoli, che sono praticamene inesistenti, a causa dell’inerzia di chi dovrebbe organizzare i concorsi e non lo fa (e parliamo di ben 25.000 posti vacanti fra Ispettori e Sovrintendenti). Con una situazione come questa, il SAP non può che esternare la massima vicinanza ai colleghi che a Milano erano in prima linea contro una vera e propria associazione criminale senza scrupoli. E ancora di più il SAP è vicino ai cittadini di Milano, che probabilmente si staranno chiedendo perché la Polizia durante gli scontri non ha difeso loro e la loro città con quel vigore e quell’efficacia che avrebbero voluto vedere, così come se lo sono chiesti tanti altri italiani nel recente passato. La risposta del SAP è semplice: scusateci, ma non ce lo permettono!"