Novara - La gratitudine per il lavoro svolto durante la pandemia e l’invito, nell’accompagnare le difficoltà e le fatiche di tutti, a porre particolare attenzione alle nuove generazioni. Sono i due elementi che il vescovo Franco Giulio Brambilla ha messo al centro dell’incontro natalizio con i rappresentanti delle istituzioni, del mondo della sanità e del terzo settore della diocesi di Novara. «L’anno scorso, proprio tra Natale e san Gaudenzio, mi rivolgevo a voi auspicando che il 2021 potesse essere un anno per la rinascita - ha detto -. Anche se la situazione sembra meno drammatica rispetto ad un anno fa, purtroppo non siamo ancora fuori dall’emergenza. E’ ancora il tempo di stringerci per affrontare insieme questo periodo. E in questo sforzo chiesto a tutti il vescovo ha ricordato come «durante la visita pastorale e negli incontri che vivo quotidianamente ho registrato con chiarezza il senso di gratitudine nei confronti di quanto state facendo». Aggiungendo, poi, una sottolineatura che ha più volte fatto, negli ultimi due anni: «serve un’aggiunta di attenzione per i giovani. Soprattutto per accompagnare coloro che si trovano nell’età di passaggio, che non hanno potuto vivere appieno a causa dell’emergenza».
Il messaggio per il Natale 2021
Come ormai tradizione, l’appuntamento è stato soprattutto l’occasione per un confronto per mettere a fuoco i nodi di questo tempo complesso e per consegnare il messaggio e l’augurio per il Natale indirizzato alla diocesi di Novara. Nel testo il vescovo mette al centro i migranti e gli ultimi del mondo lasciati soli, i giovani che chiedono parole di futuro, le famiglie ferite cui stare vicino. E ancora coloro che cercano lavoro, il corpo il volto delle donne che esigono rispetto, i malati e i soli che hanno sofferto di più nel tempo di pandemia. In un gioco di rimandi - ritmato dall’espressione “Come sei bello…” - tra le sue parole e quelle che san Bernardo da Chiaravalle ha usato in uno dei suoi sermoni sul Cantico dei Cantici.
Ecco di seguito il testo integrale.
Come sei bello quando giaci nella mangiatoia,
non riconosciuto come il Signore che viene,
quando invece il bue conosce il suo padrone
e l’asino la greppia del suo signore (Is 1,3),
mentre noi respingiamo chi bussa alla nostra porta,
chi approda sulle nostre rive, chi siede
alle nostre mense, per condividere un pane spezzato.
Come sei bello quando sei avvolto in fasce,
segno della cura regale di Maria e Giuseppe,
quando i pastori ti visitano, quando gli angeli
cantano e intonano il Gloria nell’alto dei cieli.
E quando ci prendiamo cura dei ragazzi,
diamo futuro ai giovani,
accogliamo le famiglie dal cuore ferito,
diamo lavoro a chi lo cerca con tenacia,
custodiamo la pura innocenza dei piccoli,
rispettiamo il corpo e il volto delle donne,
doniamo il pane della parola a chi è depresso,
il vino della gioia a chi è malato e soffre,
e gettiamo i «semi del tempo» nel terreno
di un tempo pieno di cose e povero di senso.
Come sei bello quando il tuo volto di Bimbo
ci sorride nello sbocciare della vita,
ci rincuora nella paura del nemico invisibile,
ci consola nel pallore della morte,
e ci dona un «attender certo de la gloria futura».
+Franco Giulio
Vescovo di Novara
Come sei bello, Signore Gesù, al cospetto dei tuoi angeli, nella forma di Dio, nella tua eternità! Come sei bello per me, Signore mio, nello stesso spogliarti di questa tua bellezza! Poiché ti sei abbassato e spogliato tu, luce perenne, dei raggi del tuo naturale splendore, maggiormente rifulse la tua carità, più splendida irradiò la tua grazia.
Come sei bella nel tuo nascere, o stella di Giacobbe, come sei stupendo nel tuo sbocciare, fiore della radice di Jesse! Nascendo dall’alto, tu luce di gioia, hai visitato me che giacevo nelle tenebre.
Come fosti ammirabile e stupendo anche per le tue sublimi virtù, quando venivi concepito per opera dello Spirito, quando nascevi dalla Vergine, nell’innocenza della vita, nella ricchezza del tuo insegnamento, nello splendore dei miracoli, nella rivelazione dei misteri!
Bernardo di Chiaravalle,
Sermone sul Cantico dei Cantici,
Edizioni VivereIn, Roma 1986 (II, XLV, 6, pp. 18-19)