Novara - In questo periodo di crisi e di generalizzata insicurezza la ricerca del lavoro sta diventando sempre più difficoltosa e non è raro che qualche impresa approfittando del momento di debolezza in cui si trovano molti giovani magari alle prime esperienze o che hanno perso da poco il lavoro, per potersi avvantaggiare della situazione (stabilendo sia il prezzo che le regole del gioco) propongano o impongano un rapporto lavorativo irregolare. Succede anche qui a Novara e non ci troviamo nella periferia più remota della provincia, dove magari i controlli possono anche essere meno frequenti, ma in una posizione sicuramente centrale, dove alla luce del sole, nel bel dehor posto davanti al locale, da un bel po’ di tempo era chiaramente visibile un consistente movimento di personale intento a servire al tavolo i clienti. Insospettiti dalle incongruenze rilevate tramite la banca dati del centro per l’impiego, mercoledì 25 gennaio, i militari della Guardia di Finanza di Novara hanno eseguito un controllo per verificare se presso l’esercizio fossero realmente presenti lavoratori irregolari. Incredibile l’esito del controllo: su un totale di 7 dipendenti impiegati nel locale, oltre al titolare, solo tre erano avevano un regolare rapporto di lavoro mentre 4 erano del tutto in nero. Per il datore di lavoro i “vantaggi” conseguenti la mancata regolarizzazione della posizione lavorativa dei dipendenti sono molteplici: libertà di poter determinare il prezzo decidendo anche se e quando magari pagare il lavoratore, possibilità di lasciare a casa qualcuno anche senza nessun valido motivo, risparmio dei contributi ai fini assicurativi o pensionistici...
Tutto questo, oltre che a danno dei lavoratori anche a detrimento dell’intero sistema: i giovani lavoratori che per disperazione o per mancanza di scelta accettano simili compromessi si ritrovano senza alcun contributo ai fini pensionistici e se dovesse capitare loro qualche incidente sul luogo di lavoro corrono anche il rischio che il loro “padrone” preferisca far finta di niente e sostenere di non avere mai avuto nulla a che fare con loro, così la collettività dovrà farsi in qualche modo carico di un altro invalido civile senza che chi ci ha guadagnato qualcosa sia chiamato a rispondere in qualche modo delle sue responsabilità.
Non vanno infine trascurati i danni alla concorrenza: chi si avvale di simili sotterfugi riesce chiaramente a massimizzare i propri profitti a danno delle imprese che cercano ogni giorno di portare avanti tra mille sacrifici e difficoltà il loro lavoro accontentandosi di poco e rispettando le regole.
Per fortuna ci sono i controlli ed è raro che casi del genere rimangano impuniti: per chi assume lavoratori in modo irregolare le sanzioni sono pesanti: nel caso specifico se il datore di lavoro regolarizzerà la posizione lavorativa dei suoi dipendenti (versando loro le retribuzioni ed i contributi previdenziali previsti dalla legge e dal CCLN (contratto collettivo nazionale di Lavoro) di riferimento) dovrà comunque pagare una sanzione amministrativa superiore ai dodicimila euro.
In caso di mancata assunzione, la sanzione supererebbe i ventimila euro e teoricamente potrebbe arrivare anche alla cifra massima di circa 72.000 euro qualora non ottemperasse al suo pagamento entro 105 giorni dalla notifica del verbale redatto dalle fiamme gialle di Novara. Per “invitare” il soggetto ad regolarizzare la posizione dei lavoratori ora la direzione Provinciale del lavoro potrà adottare il provvedimento della sospensione dell’attività, una sanzione accessoria che se protratta a lungo per mancata adesione da parte del soggetto sottoposto a controllo, costituisce sicuramente un deterrente significativo contro gli abusi nei confronti dei lavoratori ed un forte strumento di convincimento per favorire la regolarizzazione delle posizioni lavorative. E’ importante segnalare infatti che il provvedimento di sospensione ha carattere permanente e può essere revocato solo ad avvenuta regolarizzazione dei lavoratori.
Curiosa ed apparentemente assurda la reazione di qualche lavoratore: una ragazza, probabilmente per paura di ritorsioni da parte del datore di lavoro, nel rispondere alle domande dei finanzieri aveva provato a sostenere che aveva appena iniziato a lavorare lì, e con riferimento ai dati ed alle informazioni relative a suo padre, che pure lavorava in nero per l’esercizio, ha provato a dire che non si ricordava quando era nato e dove abitasse. Ovviamente inutile l’ostruzionismo della ragazza, i dati e le informazioni raccolte dai militari sono stati più che sufficienti a ricostruire l’esatta posizione lavorativa dei soggetti individuati: speriamo solo che l’amnesia momentanea della ragazza passi subito e non le impedisca di ricordarsi che se verrà assunta dal suo attuale datore di lavoro sarà anche merito dell’attività svolta dai militari della Guardia di Finanza!