Novara - Riceviamo e pubblichiamo:
Il mio intervento non intende essere una lezione di storia, ma dare voce e condividere pensieri che tutti noi antifascisti ci portiamo dentro e vorremmo che capissero tutti, soprattutto coloro i quali non vogliono accettare e riconoscere questo passaggio storico fondamentale per la nostra Repubblica e che, ostinatamente, continuano a dichiarare: “La festa della Liberazione dovrebbe essere abolita dal nostro calendario perché non è una ricorrenza che riguarda tutti, ma solo una parte politica”.
Questi nostalgici devono saper accettare che il 25 Aprile non è solo festa della Liberazione, ma è anche festa della riunificazione d’Italia.
Dopo 79 anni da quel glorioso 25 aprile 1945 noi, gente antifascista, siamo ancora qui per ricordare e celebrare la nostra storia, i nostri Martiri caduti per la Libertà e la Democrazia, per rinnovare un rito, nel senso più nobile della parola, che intende testimoniare quali siano le nostre radici e la nostra identità di popolo.
Mi scalda sempre il cuore il ricordare i nostri Caduti come
“MARTIRI NON INVANO”
perché con il loro sacrificio hanno contribuito a ridare dignità all’Italia, portandoci in dono la Libertà e la Democrazia dopo un triste ventennio di dittatura culminato nella la II^ Guerra Mondiale.
La mia generazione non ha vissuto l’esperienza terribile della guerra, e non ha vissuto direttamente quel dono meraviglioso che è stata la Resistenza! L’ineguagliabile, inebriante profumo della Libertà che i nostri Patrioti scoprirono e gustarono il 25 aprile di 79 anni fa.
Il tempo tende a cancellare il ricordo di quel glorioso periodo in cui uomini e donne, fratelli e sorelle, amici e compagni, e anche sacerdoti, hanno sacrificato le loro vite per permetterci di vivere in un mondo migliore in cui gli ideali di Democrazia, di Giustizia, di Libertà, di Solidarietà e di Pace, che sono le fondamenta della nostra Costituzione, potessero elargire tutti i loro benefici.
In uno dei messaggi che mi aveva inviato l’allora Presidente della Repubblica, Giorgio Napolitano scriveva: “È senz’altro opportuno che gli ideali di Libertà, Giustizia e Democrazia, posti a fondamento della nostra Repubblica, siano ricordati a chi non ha assistito al sacrificio di chi ha dato la vita per la sua costituzione”.
Purtroppo il mondo continua ad essere un ignobile mattatoio e, a volte, tutto sembra davvero perduto; c’è da sentire vergogna nel vedere come non si voglia più credere nella democrazia e nella libertà, nel diritto al lavoro e alla pace, quasi che su questa terra si debba essere obbligatoriamente prepotenti, disonesti, speculatori, cialtroni e privi di sani ideali pur di essere considerati e additati come “primi della classe”, come “potenti”.
Non era questa l’Italia, oggi si deve dire Europa, che volevano quei ragazzi “ribelli per amore”; un’Italia e una Europa in cui il clima di supremazia, di odio, di paura, di intolleranza, di razzismo, di xenofobia porta all’esaltazione della violenza in tutte le sue forme.
Tutti noi che possiamo godere dei frutti del loro sacrificio dobbiamo avere la forza e il coraggio di testimoniare che quelle persone trucidate e uccise dai nazifascisti hanno pagato con la vita per permettere a tutti gli italiani di essere liberi.
È un dovere per noi tutti perpetuare il ricordo di coloro che, combattendo nelle fila della Resistenza sia come “combattenti” e sia come “patrioti”, restituirono all'Italia il bene supremo della libertà e della dignità nazionale.
A loro si deve se l'Assemblea costituente poté approvare la nostra Costituzione grazie alla convergenza di forze politiche diverse: socialista, cattolica e liberale, nella quale sono enunciati i Valori e i Princìpi fondamentali cui si ispirarono quanti, sacrificando sé stessi e la propria vita, hanno consegnato alle generazioni successive una Repubblica nuova e libera: spetta a ciascuno di noi, in nome di quegli stessi Princìpi, continuare ad amarla e consolidarla: per il bene dell’intera Nazione e non per desiderio di rivalsa finalizzato alla cancellazione delle ragioni del forte radicamento antifascista della nostra Carta fondamentale.
Quando si vedono le fotografie di questi Caduti, quasi tutte fotografie di giovinezze stroncate nel fiore degli anni, veramente il cuore si stringe e si pensa che il nostro dovere è uno solo: ricordare e soprattutto far ricordare a chi tende un po’ troppo all’oblio.
I giovani d’oggi “devono” poter capire quanto erano importanti i Valori per i quali lottarono molti giovani di allora. Sono morti affinché questo Paese rivivesse, riscrivesse nel loro nome la Carta fondamentale della civile convivenza, la nostra Carta Costituzionale, volendo scongiurare le ore più buie della prepotenza e dello strapotere.
Questi giovani hanno donato la loro vita per un ideale di cui non hanno neppure potuto vedere quali siano stati, in seguito, i benefici.
Ai ragazzi d’oggi non passa neppure per la mente di alzarsi un giorno e prendere le armi per andare a combattere, per andare contro il nemico che vuole cancellare la nostra libertà, i nostri diritti e la nostra dignità; ma questo, ai ragazzi d’oggi, non viene in mente perché ci sono stati eroi giovani che prima di loro hanno lottato per far sì che questo non si dovesse ripetere.
Questi giovani si sono sacrificati per permettere di poter scrivere l’artico 1 della nostra Costituzione: “L'Italia è una Repubblica democratica, fondata sul lavoro. La sovranità appartiene al popolo, che la esercita nelle forme e nei limiti della Costituzione”; e in 139 articoli i nostri Padri Costituenti hanno inserito tutti i Princìpi fondamentali che sono alla base dell’ordinamento giuridico di uno Stato democratico; è quindi la Legge fondamentale da cui discendono e a cui si devono ispirare tutte le leggi ordinarie e nessuna di queste leggi può mai essere in contrasto con quanto dice la Costituzione. È questo il motivo per il quale si vuole modificare la nostra Carta fondamentale: mi riferisco al tanto discusso “Premierato” voluto dal governo di Giorgia Meloni, che si prefigge di assecondare le virtù del comando e perpetuare l’ossessione del capo. Un capo indiscutibile, la cui dilatazione dei poteri sarà tale da far assumere al suo governo una posizione di assoluta preminenza all’interno del sistema, a scapito del Parlamento e degli stessi Organi di garanzia. Di più: quella che la Meloni chiama “madre di tutte le riforme”, coinvolge direttamente i poteri del Presidente della Repubblica, al quale sarà riservato solo un “potere notarile”; praticamente il Capo dello Stato sarà ridotto a maggiordomo del premier stesso. Il concetto, comunque, potrà valere ed essere applicato da tutti i futuri Governi qualora venisse introdotta tale riforma nella Costituzione.
Della nostra Costituzione, inoltre, vanno ricordate ancora le tredici disposizioni transitorie e finali. Molto importante la XIIma che “vieta la riorganizzazione, sotto qualsiasi forma, del disciolto partito fascista”; purtroppo, in molti si sono dimenticati di applicarla!
E sottolineo il capoverso della XIIIma disposizione: “La Costituzione dovrà essere fedelmente osservata come Legge fondamentale della Repubblica da tutti i cittadini e dagli Organi dello Stato”.
Certo che una riflessione approfondita su questa enunciazione è indispensabile: sia da parte di noi cittadini, ma soprattutto da parte della classe politica, a tutti i livelli, la quale pare si sia dimenticata di applicare alcuni Valori molto importanti che si chiamano “fedeltà”, “moralità” e “responsabilità”.
Ci viene sempre ricordato che “è il momento di fare prevalere l'interesse generale su qualsiasi interesse di calcolo particolare”. È vero, ma chissà mai perché la classe politica, la classe dirigente chiamata a dare il buon esempio, continua ad agire nell’interesse personale e di partito, chiamandosi fuori dalle responsabilità legate a quell’interesse generale sempre sbandierato.
I Valori della Resistenza non devono essere messi in discussione dalle opere di chiarimento storiografico e di ricucitura nazionale, perché sono fondativi della Costituzione repubblicana: democratica e antifascista.
Il nostro 25 aprile è stato - è - e sarà sempre la “Festa della Liberazione” e non la festa della libertà, come qualcuno vorrebbe, nel tentativo di cancellare definitivamente la storia partigiana.
Noi intendiamo continuare a ricordare la liberazione dal fascismo e dal nazismo; noi antifascisti continueremo, con orgoglio, a cantare la canzone simbolo dei Partigiani: Bella ciao.
Deve essere estremamente chiaro che non ci può essere confusione tra antifascismo e fascismo; tra chi ha lottato e combattuto per la Libertà e chi ha fatto di tutto per mantenere la dittatura.
Non si possono dimenticare le “Leggi razziali”, i campi di sterminio con i forni crematori, gli eccidi e, ancora, lo sterminio degli Ebrei.
Molto importante fu il concorso dei militari all’indomani dell’Armistizio perché Ufficiali e soldati si unirono ai partigiani rafforzandone la capacità di combattimento.
La nostra riconoscenza, ancora dopo 79 anni, per tutti loro, i nostri morti; sono davvero una lunga schiera di uomini, donne e ragazzi coraggiosi che seppero scegliere la parte giusta contro i fascisti e gli occupanti nazisti: non sono mai stati dimenticati! Loro, davvero, sono la Repubblica con le sue Istituzioni.
Un pensiero, una preghiera e un fiore quindi:
- per tutti i partigiani combattenti e patrioti, gli amici e i compagni che con loro condivisero la lotta;
- per i massacrati della Benedicta, per gli ufficiali, i soldati, i carabinieri, gli operai e gli Ebrei innocenti delle Ardeatine;
- per i massacrati della Divisione Acqui, i morti delle quattro giornate di Napoli, i caduti del Corpo Italiano di Liberazione che risalirono la penisola al fianco degli Alleati (Montecassino, Montelungo, ecc.);
- per tutti i trucidati di Boves, Marzabotto, Sant’Anna di Stazzema, di Vignale, di Novara e di tutte le altre località che hanno subìto la furia nazista e fascista;
- per tutte le donne e le staffette partigiane che hanno partecipato alla Resistenza con immensi sacrifici;
- per tutti i sacerdoti che hanno condiviso le sofferenze e partecipato alla guerra di liberazione;
- per tutti i ragazzi, giovani e giovanissimi, che hanno donato la loro vita per l’Italia libera e democratica;
- per tutte le persone uccise nei campi di sterminio. Oltre agli ebrei, ai deportati politici, civili, razziali e ai “diversi”, dobbiamo ricordare i 45 mila militari italiani morti nei lager nazisti che facevano parte di quei 650 mila Internati Militari Italiani in Germania e Polonia che dissero NO alla Repubblica di Salò, rimanendo fedeli al giuramento alla Patria.
Un pensiero, una preghiera e un fiore per tutti gli antifascisti.
Il loro sacrificio non è stato invano, perché ha permesso a tutti noi di celebrare la vita: della Costituzione e dell’Italia!
Carlo Migliavacca