Novara - La settimana passata si è conclusa con il secondo arresto in flagranza del reato di maltrattamenti in famiglia esercitatiin danno di una cittadina novarese di trent’anni, oggetto di percosse da parte del convivente, anch’egli italiano, del 76. Alle ore 14.20 del 19 luglio, la donna, dopo aver chiamato il 113, veniva raggiunta dalla pattuglia della Polizia in servizio di controllo del territorio. La stessa appariva in evidente stato di agitazione e lamentava dolori alla testa per le percosse subite, peraltro avvenute dinanzi ai tre figli minori. Tranquillizzata dagli operanti, la donna riferiva di vivere uno stato di assoggettamento ed asservimento del convivente, potere consolidato dalla violenza esercitata fisicamente e dal terrore instillato in lei dalle possibili conseguenze ad una sua reazione. Da accertamenti effettuati sul posto, si ravvisava la sussistenza di precedenti specifici in capo all’uomo, culminati nel 2012 con un arresto per analogo episodio. All’arrivo della Polizia l’uomo si era già dileguato attraverso la campagna circostante la zona Lumellogno. Solo dopo qualche ora, intorno alle 17.40, la donna, tornata a casa dal pronto soccorso, trovava sotto casa il convivente. Subito veniva richiesto l’intervento delle pattuglie sino a quel momento ancora intente nelle ricerche che, giunte sul posto, fermavano il soggetto e lo traevano in arresto. Presso gli Uffici della Questura veniva accertata la situazione di vessazione della donna, aggravata dal fatto che il soggetto, senza lavoro e fissa dimora, aveva reiterato le condotte integranti il reato in parola per le quali era già stato oggetto della misura del provvedimento di allontanamento della casa familiare per pregressi maltrattamenti.
Tale episodio si somma a quello del 12 luglio in cui, a tarda notte, altra pattuglia intervenuta su segnalazione di una lite familiare, riscontrava l’ennesima situazione di maltrattamenti in danno di una donna da parte del suo compagno. Questa volta l'intervento traeva origine da una provvidenziale segnalazione anonima, spesso risolutiva laddove, per timore di ritorsioni, le vittime si chiudano in una naturale ritrosia. In questo caso, la donna veniva sottoposta a minacce e percosse. Inoltre l’uomo, un cittadino novarese del 1970, al fine di coercire la volontà della donna da tempo oggetto di maltrattamenti, si autoinfliggeva tagli sul petto con un coltello da cucina, riportando ferite guaribili in 10 giorni. L’arresto risultava inevitabile, anche alla luce di un quadro indiziario per il reato di maltrattamenti che già da tempo veniva monitorato dalla Polizia di Stato. Il nome del soggetto, infatti, era già segnalato alla Centrale Operativa della Questura di Novara come individuo da monitorare ed arrestare nel caso di reiterazione delle condotte in parola. Gli interventi descritti si pongono in un quadro di maggiore severità della Magistratura e delle Forze dell’Ordine nel contrasto ad una piaga, quella dei reati di genere, ovvero fenomeni delittuosi che, come il maltrattamento in famiglia e verso fanciulli disciplinato dall’art. 572 c.p., vedono l’assoggettamento di un soggetto naturalmente più debole (donne e bambini soprattutto) rispetto al proprio aggressore. La raccomandazione è quella di non tollerare e denunciare fatti analoghi alle forze di polizia, dotate di personale che può offrire un valido ausilio professionale, agendo con assoluta discrezione. Inoltre, in ragione degli ineludibili doveri di solidarietà sociale ai quali ogni cittadino è tenuto, si invita chi abbia conoscenza della condizione di vessazione altrui (vicini, parenti, amici) a comunicare, anche in forma anonima, o con chiamata al 113 e 112, quanto la vittima, preda della prigione familiare, non è in grado di riferire.