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NOVARA E IL MONDO DELL'HOCKEY HANNO SALUTATO IL LORO GUERRIERO

Commosso addio a Pier Carlo Ferrari, anima dello sport a rotelle come giocatore e dirigente, stroncato da un cancro a 62 anni
Pier Carlo Ferrari

Novara - Tantissima gente, in particolare il mondo dell'hockey non solo novarese, si è riunita nel primo pomeriggio di venerdì 20 aprile nella chiesa di San Francesco alla Rizzottaglia, dove alle 14.15 puntuali il parroco don Alberto Agnesina ha officiato l'ultimo saluto a Pier Carlo Ferrari. Una bara con fiori bianchi e azzurri (i colori del cuore) e la sua maglietta numero 9 con la quale era stato capace di condurre i compagni di squadra a leggendari risultati a cavallo tra gli anni '70 e '80. L'unico che è riuscito a sconfiggerlo è stato quel brutto male, con il quale conviveva da tempo e che alla fine ha avuto la meglio. Subito il tam-tam nel mondo hockeistico nazionale ha informato tifosi, sportivi e addetti ai lavori di questa prematura e grave scomparsa, perché Pier era davvero apprezzato da tutti, compagni di squadra e avversari, per la sua grinta, la sua capacità di fare gruppo e soprattutto per un'onestà fortissima. Doti che dal mondo dello sport l'aveva portato anche ad assumere ruoli di responsabilità nella sua occupazione all'Enel.

In prima fila sui banchi di una chiesa piena all'inverosimile, con moltissime personalità del mondo dello sport e della politica, ma anche tantissimi tifosi 'vecchi' abituée del Pala Dal Lago, c'era la sua famiglia: gli anziani genitori, la moglie, le figlie con i compagni, il fratello Mario (anche lui uomo di sport sia come giocatore che come dirigente e allenatore), i nipoti e gli amici più stretti. Tanta commozione e tante lacrime per le parole del parroco e alla fine della cerimonia per le parole toccanti, vere e straordinariamente vive e sincere dei nipoti Anna e Oscar (anche lui giocatore di hockey, già capitano dell'Azzurra Novara e oggi impegnato in Spagna), a delineare una figura che ha fatto della grinta e dell'umiltà, oltre che dell'attaccamento alla famiglia e ai valori dello sport e del sacrificio una ragione di vita.

Alla fine, all'uscita del feretro dalla chiesa, il saluto con un lungo e meritato applauso e il picchetto d'onore con i 'bastoni' al posto delle spade. Eh sì, perché era 'l'arma' del guerriero Pier per combattere e vincere innumerevoli battaglie (partite) e tantissime guerre (scudetti). 

Addio Pier. Un bell'esempio per chi oggi indossa quei colori. Un bello stimolo per chi ama il suo lavoro, la sua famiglia e soprattutto il suo sport preferito.

Gianmaria Balboni