Novara - Il professor Gaidano e il suo team hanno collaborato a un’importante studio pubblicato su Nature. Le più recenti scoperte nel campo della cura dei linfomi portano il timbro dell’Università del Piemonte Orientale; il professor Gianluca Gaidano, ordinario di Ematologia presso la Facoltà di Medicina, Chirurgia e Scienze della Salute di Novara e direttore della Divisione di Ematologia dell’Ospedale “Maggiore della Carità” e il dottor Davide Rossi, ricercatore e suo stretto collaboratore fanno parte di un gruppo di ricerca internazionale che proprio oggi, giovedì 10 marzo, ha visto pubblicato il proprio lavoro sulla prestigiosa rivista “Nature”. “Inactivating mutations of acetyltransferase genes in B-cell non-Hodgkin lymphoma” è il titolo del contributo, che ha avuto l’onore di essere l’articolo di testa nel numero di marzo della rivista. Esso si riferisce a un nuovo approccio nello studio del “linfoma diffuso a grandi cellule B”, noto con la sigla DLBCL, un tipo di linfoma non-Hodgkin tra i più frequenti nei paesi occidentali. Nonostante le moderne terapie, che solitamente si basano su chemioterapia e immunoterapia, circa la metà dei pazienti affetti da questa patologia non risponde al trattamento e soccombe alla malattia. Nella maggior parte dei casi lo sviluppo dei tumori è dovuto a mutazioni dei geni coinvolti nella proliferazione e nella sopravvivenza delle cellule; queste mutazioni provocano una crescita cellulare incontrollata e una capacità di resistenza alla chemioterapia. Nel caso del linfoma DLBCL sono noti solo alcuni dei geni coinvolti.
Il gruppo di ricerca ha impostato il proprio lavoro partendo dalla mappatura completa del genoma del linfoma, costituito da oltre 24.000 geni, alla ricerca di nuove mutazioni coinvolte nello sviluppo di questo tipo di linfoma. Ciò ha permesso di identificare due nuovi geni – chiamati CREBBP e EP300 – che subiscono mutazioni con una frequenza molto alta. Normalmente i due geni controllano il corretto funzionamento di alcune proteine cellulari; quando essi subiscono la mutazione la cellula prolifera e resistente attiva meccanismi di resistenza alla chemioterapia. Questo studio apre prospettive per lo sviluppo di nuovi farmaci antitumorali (chiamati inibitori delle istone deacetilasi) in grado di scavalcare l’effetto delle mutazioni dei geni CREBBP e EP300. Il gruppo di ricerca della Divisone di Ematologia ha recentemente lavorato anche ad altri due studi, inerenti la stessa malattia, entrambi pubblicati sulla rivista di settore “Blood” nei mesi di gennaio e febbraio. Entrambi i lavori hanno portato a importanti scoperte; “The genetics of Richter syndrome reveals disease heterogeneity and predicts survival post-transformation”, incentrato prevalentemente sulla leucemia lifatica cronica, ha identificato le mutazioni di un gene responsabile della trasformazione di tale malattia in un DLBCL altamente resistente alla chemioterapia , fenomeno anche noto come Sindrome di Richter.
Il secondo articolo, “The host genetic background of DNA repair mechanisms is an independent predictor of survival in diffuse large B-cell lymphoma”, dedicato al linfoma DLBCL, ha evidenziato che la risposta della malattia alla chemioterapia non dipende solo dalle caratteristiche biologiche della cellula tumorale, ma anche da quelle del paziente, confermando così la necessità di disegnare nuovi regimi terapeutici che tengano conto della biologia del paziente.