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Pietro Palmieri: A proposito di Mens sana in corpore sano…

Pietro Palmieri

Novara - L’Organizzazione Mondiale della Sanità ha codificato una nuova forma di stress inesorabilmente connessa alla piaga del Coronavirus, che ormai da un anno ha stravolto la vita del mondo intero: è la Pandemic Fatigue, ovvero lo stress da pandemia, i cui tratti prevalenti sono il senso di disorientamento, la stanchezza, l’ansia, la paura ed un forte stress emotivo. Già nel lockdown della scorsa primavera ciascuno di noi aveva dovuto rivoluzionare la propria vita sociale, affettiva e lavorativa, accettando con timore le restrizioni imposte, ma con la prospettiva di un sacrificio necessario per superare una situazione tanto inedita quanto minacciosa. Il perdurare della situazione, il bombardamento mass-mediatico di dati purtroppo poco incoraggianti ed il susseguirsi di norme restrittive, con piccole ed effimere aperture, hanno contribuito a riacutizzare il senso di smarrimento e confusione soprattutto delle persone più fragili. In verità una prima riflessione credo andrebbe fatta sull’attendibilità di questi numeri: secondo lo StatGroup-19, un gruppo di ricerca indipendente costituito da docenti accademici in ambito statistico, “i dati prodotti dall’Istituto Superiore di Sanità, che li raccoglie a sua volta dalle Regioni e li rielabora per determinare i colori con le rispettive restrizioni, mancano di riferimenti utili a definire e rendere autorevole il dato”. Nel caso dell’Rt ad esempio, l’indice di contagiosità che determina le misure restrittive e l’assegnazione dei famosi colori alle regioni, si ha a che fare con un dato stimato e non misurato, che tuttavia ha un impatto molto forte sulla nostra qualità di vita: si ricorderà la querelle di gennaio fra la Lombardia ed il Governo in merito all’assegnazione del colore rosso, poi rivisto e modificato in arancione, che ha contribuito ad aumentare incertezza e frustrazione tra la popolazione, anziché trasmettere un senso di sicurezza e controllo della situazione. I sintomi caratteristici dello stress da pandemia sono gli sbalzi d’umore, l’irrequietezza, l’ansia con la correlata agitazione, ma anche la rabbia ed un atteggiamento ribelle verso le norme imposte. Gli effetti sul fisico non sono meno preoccupanti: molte persone hanno episodi di tachicardia, capogiro ed emicrania, ipertensione, soffrono d’insonnia, alterazione dell’appetito, disturbi gastrici fino a manifestare caduta dei capelli o comparsa di affezioni dermatologiche. L’indebolimento del sistema immunitario è infatti un corollario tipico delle situazioni segnate da un perdurante stress. Come affrontare questa situazione evitando che si cronicizzi? Tralasciando l’approccio farmacologico, che non è di mia competenza, vorrei riprendere il suggerimento che Giovenale diede ai suoi contemporanei: “Orandum est ut sit mens sana in corpore sano” il cui significato autentico non era quello, più moderno e salutista, per cui una mente sana starebbe in un corpo in salute, quanto piuttosto l’invito a non dar peso alla vanità ed al possesso di beni, pregando piuttosto le divinità di concedere sia un adeguato equilibro psichico che un corpo sano. In questo senso un approccio allo stress da pandemia potrebbe consistere nel tornare ad occuparci di noi stessi attraverso un percorso introspettivo o di meditazione, curando la nostra persona e concedendoci qualche coccola, cucinando cibi sani, seppur gratificanti, recuperando vecchi hobby o trovandone di nuovi, praticando con regolarità attività sportiva, dedicandoci all’ascolto di musica o alla lettura di un libro, dedicando il giusto tempo al sonno ed al riposo. Se lo stress innalza infatti il livello di cortisolo nel sangue, tutte le attività che danno piacere lo riportano a livelli accettabili, liberando nel contempo dopamina, l’ormone del piacere. Una seconda riflessione vorrei a questo punto riservarla al concetto di “servizio essenziale”, così come inteso nei DPCM che da 12 mesi regolano le nostre vite. Era infatti la sera del 21 marzo 2020 quando il premier Conte annunciava in diretta la decisione di “chiudere sull’intero territorio nazionale ogni attività produttiva che non sia strettamente necessaria, cruciale, indispensabile a garantirci beni e servizi essenziali”, riprendendo quanto già indicato dal precedente DPCM dell’11 marzo, e stilandone un dettagliato elenco: supermercati e negozi di generi di prima necessità; farmacie e parafarmacie; edicole e tabaccai; servizi bancari, postali, assicurativi, finanziari; trasporti; filiera agricola; attività produttive rilevanti per la produzione nazionale. Va da sé che si considerino superflue le attività che, in un momento tanto delicato, potrebbero contribuire al benessere psico-fisico dei cittadini e che pure si sono attrezzate per garantire le misure di sicurezza richieste: il mondo della cultura e dello spettacolo, quello dello sport amatoriale, le attività inerenti i servizi alla persona, come i centri estetici e, in un primo momento, i barbieri e parrucchieri. D’altronde è stata contestualmente ordinata “la sospensione dei servizi che riguardano l'istruzione” con l’inaugurazione della Didattica a distanza divenuta, com’è noto, infuocato terreno di scontro politico e civile che tiene banco (anche senza rotelle) da un anno intero. Per fortuna almeno i servizi di supporto psicologico e psichiatrico sono rimasti aperti.

Dott.Ing. Pietro Palmieri

335 5931890 – pietropalmieri.abclearning@gmail.com