Novara - L’importanza del lavoro svolto dalla rete che si occupa delle donne vittime di violenza, ma anche la necessità di un cambiamento culturale, il mezzo più efficace per prevenire e far fronte al problema sociale. E’ quanto è emerso da numerosi interventi che si sono susseguiti questa mattina durante la seduta del Protocollo d’intesa contro le violenze, convocato dalla Provincia di Novara in occasione della Giornata internazionale contro le violenze sulle donne. Una seduta durante la quale sono stati forniti i dati riguardanti il territorio, ma che è stata occasione di riflessione da parte dei vari soggetti aderenti al Protocollo, sottoscritto per la prima volta nel 2007 e del quale fanno attualmente parte, oltre alla Provincia di Novara, la Prefettura, dalla Procura della Repubblica, dalla Questura, il Tribunale, il Comando del Gruppo provinciale Carabinieri, il Dipartimento Amministrazione penitenziaria-Ufficio esecuzione penale, l’associazione Cammino-Camera Nazionale Avvocati per la persona, le relazioni familiari e i minorenni, l’Ordine degli Avvocati, l’Ordine degli Psicologi, l’Azienda ospedaliero-universitaria “Maggiore della Carità”, dall’Asl Novara, i Comuni di Novara, Arona, Cameri e Oleggio, il Ciss di Borgomanero, il Cisa Ovest Ticino, il Cisas Castelletto Ticino, il Consorzio Casa Gattinara, il Ciss Cusio e la consigliera di parità nella persona di Anna Colombo.
I DATI DELL’UFFICIO PARI OPPORTUNITA’ DELLA PROVINCIA
Il primo contributo è stato quello della Provincia: il consigliere delegato alle Pari opportunità Elena Foti ha ricordato che <<l’Ufficio Pari opportunità da anni svolge da anni un servizio di accoglienza delle donne che necessitano di sostegno e supporto rispetto a varie problematiche, tra le quali rientrano quelle delle violenze e dei maltrattamenti. Il lavoro di rete svolto insieme con i vari organismi attivi nel nostro territorio e con i due Centri Antiviolenza, consente di dare risposte positive e immediate anche in situazioni emergenziali. Al servizio di accoglienza si aggiungono da parte dell’Ente quelli ormai consolidati dell’assistenza legale su base volontaria e gratuita da parte di circa trenta avvocati - con studio nel capoluogo e anche in provincia a Trecate, Oleggio e Borgomanero - e quello del sostegno psicologico, finanziato attraverso fondi specificamente erogati dall’Ente per circa 1.700 euro annui e destinato a un team formato da sei professionisti>>.
Nel periodo tra il 1° gennaio e il 31 ottobre di quest’anno, <<il servizio di accoglienza della Provincia ha primariamente gestito 13 casi di donne vittime di violenza, individuando il corretto percorso di tutela sulla base della valutazione delle singole situazioni e delle esigenze emerse. L’Ufficio Pari opportunità – ha proseguito il consigliere - ha inoltre monitorato la problematica all’interno del Novarese per avere un quadro più completo relativo del 2021. Sempre nel periodo tra il 1° gennaio 2021 e il 31 ottobre scorsi, risulta che nel territorio di competenza abbiano avuto accesso ai servizi di rete 256 donne vittime di violenza, delle quali 158 italiane e una rilevante parte - in tutto 50 - di origine africana. Le rimanenti appartengono ad altre nazionalità. Oltre 100 le donne che sono state accolte dai Centri Antiviolenza della Provincia. Le altre hanno trovato assistenza da parte dei Centri servizi del territorio.La fascia di età che risulta maggiormente interessata dal fenomeno della violenza è quella tra i 35 e 44 anni, in tutto 107 donne. L’età media è leggermente più bassa rispetto agli anni precedenti. Sono poi state accolte 19 donne della fascia d’età tra i 18 e i 24 anni, 38 donne della fascia d’età tra i 25 e i 34 anni e 71 donne della fascia d’età tra i 45 e i 54 anni e, infine, 21 donne over 55 anni. Il numero dei figli minori coinvolti è di 191. Dalle varie relazioni svolte dagli operatori, risulta che la maggior parte delle donne abbia subito violenza fisica e psicologica, ma ci sono stati anche 8 casi di stalking e di 39 casi di violenza economica. Sul totale delle vittime – ha concluso il consigliere - sono state 155 le donne che hanno sporto denuncia>>.
Il dibattito.
Il viceprefetto Patrizia Bianchetto ha ricordato che <<la ricorrenza del 25 novembre tra le più sentite nel calendario civile. I dati forniti ci preoccupano perché, nonostante passi avanti, nuove normative e maggior consapevolezza, gli sforzi non sono ancora sufficienti. Si tratta di un problema che ha radici culturali ed educative, mancando le quali non possiamo impedire violenza e discriminazioni: le Istituzioni devono rinnovare il proprio impegno e contribuire alla parità di genere>>.
Il sostituto procuratore presso la Procura di Novara Chantal Dameglio ha fornito ulteriori dati. <<Nel 2020 – ha detto – risultavano iscritti 262 fascicoli come “codici rossi” e 16 “modelli 45”, quelli che riguardano fatti non costituenti notizia di reato, ma che vanno considerati come esposti che nascondono situazioni delicate. I numeri sono alti e i reati in crescita: il nostro compito è accertare il reato, ascoltando la vittima per renderci conto della situazione del contesto familiare e valutando gli elementi a carico e anche favore dell’indagato. Rispetto a maltrattamenti e situazioni di stalking, bisogna considerare con attenzione il rapporto che si crea tra il maltrattante e la persona offesa. E’ quindi importante il lavoro di rete sociale degli Enti e delle realtà che possono far sì che la vittima sia aiutata e non lasciata mai sola. La legge 69/2019 ci fornisce strumenti penetranti rispetto ai reati, ma le donne devono capire che anche solo uno schiaffo o un controllo serrato della loro vita sono segnali che nascondono una problematica. Capitano infatti i casi di donne di una certa età che si accorgono solo dopo un fatto eclatante di essere state maltrattate per una vita, sopportando tutto per amore della famiglia>>.
Il vicequestore aggiunto della Questura di Novara Massimo Auneddu ha ricordato che <<gli agenti di Polizia sono il primo contatto per la vittima. Rispetto ai reati ci sono provvedimenti di carattere penale – e il “codice rosso” ha molto velocizzato la trattazione di diversi casi – e strumenti di carattere amministrativo - come l’ammonimento, che molto aiuta in termini di prevenzione - che possono essere assunti dal Questore. Il fenomeno in crescita e viene costantemente monitorato. Oggi in Questura viene inaugurata una sala dedicata proprio alle donne vittime di violenza e ai soggetti vulnerabili: un’iniziativa che può servire a mettere queste persone a proprio agio e ad aprirsi rispetto a quel rapporto nel quale, spesso, chi ha subito sembra incapace di riconoscere un atto di violenza. Quel momento di colloquio diventa il punto di partenza per un cambiamento radicale nella vita delle vittime>>.
Il giudice della Sezione penale del Tribunale di Novara Maria Amoruso ha dal canto suo spiegato che <<la figura del Gip entra in gioco al momento delle indagini, intervenendo con urgenza soprattutto rispetto a richieste di custodia cautelare nei casi più gravi o a divieti a tutela della vittima. Ci troviamo spesso in situazioni di contatto diretto con l’indagato e riscontriamo la mancanza di un’educazione di base nel rapporto tra uomo e donna: le giustificazioni fornite in sede di colloquio riflettono atteggiamenti “di difesa” rispetto al comportamento della vittima e tutto viene scaricato sulla persona offesa, che viene così ulteriormente denigrata dall’indagato. C’è anche il problema di donne che tendono a colpevolizzarsi: anche questo è un profilo sul quale bisogna intervenire. Nel caso degli stranieri i problemi ancora diversi, giustificati dalle stesse vittime con frasi del tipo “questa è la nostra cultura”, che rivelano una forma di diseducazione verso la diversità. Infine dobbiamo riflettere sul fatto che, a volte, si assiste a remissioni di querela da parte delle vittime a causa della paura>>.
Giada Usai, funzionaria del Servizio sociale dell’Ufficio di esecuzione penale esterna di Novara, ha rimarcato che <<il nostro lavoro, che si svolge appunto nella fase dell’esecuzione penale, ci consente di entrare in contatto con gli autori delle violenze, analizzandone la realtà familiare: questo ci porta a renderci conto di episodi di violenza che spesso vengono taciuti. Grazie ai servizi presenti sul territorio possiamo invitare gli autori di reato a intraprendere un percorso di recupero ed evitare recidive. Abbiamo attuato un’attività di gruppo per i soggetti accomunati da reati collegati alla violenza generica, ma anche questo serve a prevenire che la violenza sfoci in ambito familiare. All’interno di questi gruppo cerchiamo di fornire sostegno psicologico, anche attraverso centri criminologici specializzati>>.
Alle Strutture dell’Azienda ospedaliero-universitaria “Maggiore della Carità” di Novara <<spetta l’ingrato compito di intervenire a violenza avvenuta. Abbiamo cercato di migliorare i nostri percorsi – ha commentato il Dirigente medico Edit Shahi - per prendere in carico la donna, stabilendo proficio contatti con tutta la rete di sostegno legale e sociale. Purtroppo anche noi registriamo un aumento nonostante la pandemia: lo scorso anno, in pieno lockdown, abbiamo gestito in tutto 19 casi, dei quali 5 in aprile e 4 in maggio, 10 dei quali erano casi di violenza sessuale. Nel 2020 i casi sono stati in tutto 152 casi e nel 2021, fino al mese di novembre, ne abbiamo gestiti 158. In accordo con la Procura, quando si verificano determinati episodi, da parte nostra si procede d’ufficio con la denuncia. Stiamo lavorando per accogliere le vittime nel modo migliore possibile, anche per quanto riguarda il Pronto soccorso>>.
Il Dirigente medico dell’Asl Novara Francesco Di Nardo ha confermato che <<nell’area Nord della Provincia i dati sono sovrapponibili con quelli dell’Aou novarese. Ci auguriamo che l’aumento delle segnalazioni sia dovuto a una maggior consapevolezza della violenza di genere. Le storie e le dinamiche sono sempre uguali, nonostante il vissuto diverso di ogni famiglia. A volte la violenza viene presentata come “incidente domestico”. Bisogna lavorare sugli uomini a partire dalle scuole, con specifici messaggi, perché è la causa a dover esser curata. Come uomo la lettura di certi verbali è per me motivo di profondo malessere>>.
Il presidente dell’Orine degli Avvocati della provincia di Novara Giulia Ruggerone ha auspicato <<una formazione maggiore sui temi specifici, per dare ai legali gli strumenti per accogliere e sostenere le vittime in maniera immediata attraverso i servizi di rete, che deve essere conosciuto da chi assiste. Il tema della violenza riflette tutto il mondo della famiglia: è necessario lavorare sulla cultura del rispetto attraverso la famiglia e a partire dalla Scuola primaria. Rispetto a questo problema, la soluzione non sta solo l’inasprimento delle pene: bisogna investire sulla promozione dei percorsi di sostegno per i maltrattanti, per i quali spesso i Comuni e le realtà del sociale non hanno risorse sufficienti.
La presidente dell’Ordine degli Psicologi Giuliana Ziliotto ha osservato che <<le reti e il confronto tra Istituzioni ed Enti vanno costantemente mantenuti. L’interazione può portare a migliori risultati rispetto al caso singolo, ma anche rispetto agli aspetti culturali, di prevenzione e di formazione. La Provincia ha avuto e continuerà ad avere un ruolo fondamentale in questo percorso sociale>>.
Il presidente dell’associazione Cammino Anna Livia Pennetta ha aggiunto che <<il lavoro sinergico tra i vari soggetti che fanno parte della rete è fondamentale anche per il lavoro dei legali. Questo ci permette di affrontare assistiti che spesso non sono consapevoli. C’è poi la delicata situazione dei minori, che sono soggetti partecipi della violenza assistita: un mondo spesso sconosciuto, con il rischio nell’adulto dell’emulazione di certi atteggiamenti subiti da piccolo. Non va dimenticato l’aspetto dei minori orfani di femminicidio, una problematica sulla quale la nostra associazione sta lavorando da tempo>.
Il funzionario dei Servizi sociali del Comune di Novara Davide Buccolini ha ricordato il lavoro svolto dal <<Centro Antiviolenza di Novara, gestito dall’associazione Liberazione e speranza, che ci restituisce numeri alti e che si rispecchiano in quelli già citati. E’ importante il lavoro di rete perché, nel caso di necessità, tutti sanno chi chiamare: l’obiettivo deve essere l’immediatezza. Abbiamo attivato uno sportello dedicato al disagio maschile: bisogna fare cultura intorno a questo servizio, che oggi non è sufficientemente. I risultati potrebbero essere ancora migliori>>.
Il funzionario del Comune di Arona Romina Tavano ha sottolineato <<la necessità di formazione condivisa per rendere la rete ancora più efficace>>.
Il vicesegretario del Comune di Cameri Rondini si è posta un interrogativo <<sull’estrazione culturale delle donne vittime di maltrattamenti: è una questione di ceto sociale? Di livello d’istruzione? O è una problematica trasversale?>>, ricordando inoltre che <<nel 2020 abbiamo avuto il caso di un figlio che ha personalmente segnalato il caso della madre che subiva violenza>>. La risposta alla domanda della dottoressa Rondini è arrivata dall’assistente sociale del Cisa Ovest Ticino Marinella Balbinutti, che ha confermato che, <<per la maggioranza dei casi, il livello istruzione delle donne vittime di violenza è molto basso. Nei casi di un livello culturale più elevato la vittima tende a nascondere perché teme il giudizio degli altri. Per quanto riguarda la mia esperienza, la criticità che frena azioni incisive ed efficaci è rappresentata dai tempi dei processi, che arrivano dopo anni: noi seguiamo le donne, ma il tempo passa e loro stesse sono disorientate rispetto a questa attesa. Negli anni, del resto, le cose cambiano: vittima, figli e maltrattante hanno fatto un loro percorso quando si arriva in aula. Un altro problema è la misura dell’allontanamento dalla casa familiare del maltrattante: questo provvedimento non ripara da azioni di disturbo e siamo poi costretti noi ad allontanare la donna dalla casa per proteggerla. Paradossalmente sono le vittime ospitate nelle strutture protette a sentirsi in prigione>>.
Il consigliere provinciale Milù Allegra ha ricordato <<il ruolo che nel mondo della scuola può avere il referente delle Pari opportunità per quanto riguarda le azioni di prevenzione e informazione: bisognerebbe rilanciarne le competenze e verificare se, da parte delle varie realtà scolastiche, questa figura viene istituita, accertandone l’essenza e l’efficacia>>.
Cora Vanolo, assistente sociale del Cisas Castelletto Ticino, ha evidenziato il ruolo che <<il Centro Antiviolenza dell’area Nord ha avuto nell’opera di sensibilizzazione del territorio, fatto che ha portato a una proficua collaborazione con le Amministrazioni locali, che lo ritengono una risorsa preziosa>>.
Valeria Artuso, responsabile del Servizio attività socio-assistenziali del Casa Gattinara, ha sollecitato <<interventi corali sul territorio, data l’importanza del ruolo della rete e della costruzione di linguaggi comuni per trovare soluzioni in una realtà complessa>>.
Infine Francesca Cristina, assistente sociale del Ciss Borgomanero, ha rimarcato <<il buon andamento del lavoro portato avanti nel Novarese dai Centri Antiviolenza e dagli sportelli Pari opportunità>>.