Novara - Quella che era una netta sensazione, ovvero il forte disagio vissuto dai medici in ospedale (ma anche sul territorio), ora è avvalorata anche da un’ampia indagine statistica effettuata dalla Cimo (l’organizzazione dei medici ospedalieri). Stanchi, demoralizzati, rassegnati, abbandonati: è questo l’identikit che emerge. «L’analisi conferma quello che emerge anche nella nostra provincia – è il grido d’allarme del il presidente dell’Ordine dei medici chirurghi e odontoiatri, il dott. Federico D’Andrea – Sempre più spesso raccogliamo il disagio dei colleghi che, letteralmente, non ne possono più e che se solo potessero lascerebbero le strutture pubbliche. E lo stesso ragionamento vale per i medici di famiglia, tant’è che in più di un comune del Novarese viene lamentata l’assenza del medico di base. Purtroppo è un fenomeno destinato ad accentuarsi nel tempo».
Dall’indagine nazionale emerge che comunque la gran parte (72%) sceglierebbe di nuovo la stessa professione, ma solo il 28% (ma l’11,4% in Veneto) continuerebbe a lavorare in una struttura pubblica. Gli altri preferirebbero trasferirsi all’estero (26%), anticipare il pensionamento (19%), lavorare in una struttura privata (14%) o dedicarsi alla libera professione (13%).
Le motivazioni? I carichi di lavoro eccessivi; la smisurata mole di burocrazia e di compiti di natura amministrativa; la scarsa considerazione del ruolo sociale; una retribuzione non commisurata alle responsabilità, cui si è sommato lo stress dovuto al Covid.
«Crediamo – aggiunge D’Andrea – che vada ripensata la stessa organizzazione del Sistema sanitario nazionale, senza dubbio un’eccellenza a livello mondiale ma che da tempo nostra più di una crepa. Il rischio è che si arriva a un esodo biblico dagli ospedali e all’assenza di medici sul territorio, mettendo così a repentaglio la salute dei cittadini».