Trecate - Riceviamo e pubblichiamo dal cav. Salvatore Varisco, ai tempi comandante della Stazione Carabinieri di Trecate.
Sono trascorsi 28 anni di rinvii e silenzi, per cui a Trecate il 28.02.2021 si è costituito un comitato denominato "vittime del TR 24 -1994,allo scopo di tenere viva e presente la memoria di coloro che sono state vittime innocenti di uno dei più gravi disastri ambientali del mondo, in un centro abitato; far conoscere ai giovani cosa accadde verso le ore 14. circa del 28 febbraio 1994, a Trecate, nelle vicinanze della "Cascina Cardana" ove era ubicato il pozzo di trivellazione TR 24 della società Agip SPA, ora acquisita dall'ENI. Alla cessazione dell'eruzione provocata da una frana nel sottosuolo da parte di tecnici americani appositamente fatti intervenire all'alba l 02.03.1994, La società Agip che gestiva direttamente i pozzi di trivellazione, tra cui il TR 24 dato in appalto alla società Pergemini spa ,che , durante la trivellazione, si era staccata una parte della batteria del peso di circa 2o tonnellate e, nel tentativo di recupero iniziato nelle prime ore del mattino ,verso le ore 14 circa del 28.02.1994, una di queste aste si spezzò ,a seguito di una violenta esplosione a 5720 metri di profondità, causando una violenta fuoruscita dei fanghi di trivellazione, seguita da una violenta pioggia di idrocarburi grezzi frammisti a sostanze gassose compreso l'H2S, il potente acido solfidrico i cui effetti dannosi sono simili al cianuro e dannosi e nocivi alla salute umana. Improvvisamente, una nube intensissima di fumo nero si levò verso il cielo ed, in poche ore copri la città di Trecate e le campagne circostanti di idrocarburi grezzi, mentre il pozzo TR 24 divenne incontrollato.
Il pozzo, dalla profondità di 5.720 metri, ha eruttato per circa 72 hore migliaia e migliaia di tonnellate di idrocarburi grezzi che caddero nel centro abitato di Trecate , rendendo le strade scivolose ed impraticabili: mentre dal sottosuolo proveniva un assordante rumore per la fortissima pressione a circa 57o atmosfere, il cui rumore sembrava uno stormo di aerei in azione di guerra o simile ad un terremoto, allarmando con ansia, paura e terrore la popolazione di Trecate e dei paesi limitrofi. Nell'aria era avvertibile sensibilmente l'acre odore di uova marce dell'H2S che rendeva l'aria irrespirabile e provocava un senso di bruciore alle narici, agli occhi e alla gola. Alla cessazione dell'eruzione all'alba del 2 marzo 1994, provocato da una frana nel sottosuolo da parte di tecnici americani fatti appositamente intervenire, il disastro si è rivelato chiaramente nella sua intensa gravità: in modo decrescente, era visibile, alla distanza di dieci-quindici chilometri, la presenza degli idrocarburi che si erano depositati su ogni cosa e su ogni casa dell'abitato di Trecate. Nulla era stato inviolato. Sembrava che l'abitato di Trecate fosse stato investito da una tempesta di neve nera e sulle strade si era formata una poltiglia di idrocarburi che rendeva difficoltoso camminare.
La popolazione di Trecate rimase esposta ed ha convissuto per mesi ed anni con le sostanze inquinanti degli idrocarburi sull'ambiente, nonchè gli altri inquinanti diffusi dalla bonifica conseguente al disastro provocata dall'esplosione del pozzo, specie per la bonifica dei tetti di eternit, composto di amosite e crositilo la cui polvere fa insorgere le malattie oncologiche, quell'amianto che ha causato la tragedia nella valle del Bormida e di Casale Monferrato.
I risicoltori hanno visto, improvvisamente, i loro terreni contaminati dagli idrocarburi e non utilizzabili alla coltivazione che, in quel periodo, stava per iniziare e che, di fatto espropriati del loro lavoro per causa del disastro ambientale. Nel decennale del disastro 28.02.2004, al teatro comunale di Trecate, responsabili della società ENI, subentrata all'Agip SPA, hanno tenuto un convegno cui hanno partecipato autorità locale, provinciale e regionale e popolazione, per spiegare lo stato dei lavori della bonifica in corso nel territorio di Trecate, circa 480 ettari di terreni agricoli e tutto il centro di Trecate, precisando di non conoscere esattamente le cause che hanno determinato l'esplosione alla profondità 7.520 metri di profondità ed ancora meno gli effetti nel sottosuolo e del mancato funzionamento dei dispositivi di sicurezza. I responsabili Eni precisavano di avere recuperato il 78% degli idrocarburi immessi in atmosfera e, poi, caduti al suolo e nel sottosuolo, ma che il 22% era rimasto sul suolo e sottosuolo e non è stato possibile recuperarlo e di avere speso per la bonifica nel primo decennio la somma di euro 280 milioni e che la bonifica era ancora in atto.
Viene spontanea una domanda come è possibile recuperare il 78% degli idrocarburi se il pozzo si è reso subito incontrollato e non poteva essere quantificato? La popolazione di Trecate è stata, involontariamente, esposta agli inquinanti per mesi ed anni, prima della bonifica che non è ancora ultimata. Quale conseguenze per la popolazione di Trecate per quel 22% di idrocarburi ed altre sostanze immesse in atmosfera e, poi, cadute al suolo e nel sottosuolo, a seguito del disastro ambientale? Quale impatto con la salute dei cittadini trecatesi ha conseguito questo disastro ambientale e dimenticato?
Le conseguenze sono evidenti e noti a tutti, basta fare la conta guardando sulle bacheche funerarie esposte in vari punti della città e sulla parete sinistra dell'ingresso della Chiesa parrocchiale Santa Maria Assunta di Trecate e chiedersi per quale motivo, per quale causa?
Noi del comitato chiediamo verità e giustizia. Nulla di quanto gravemente accaduto è stato reso ampiamente trasparente e chiaro. Nessuna informazione è stata fornita ai cittadini, dopo il 2004 e il tutto il più lontano possibile dai diretti interessati: i cittadini trecatesi ignorati, perché dal 2004 nulla è stato pubblicamente divulgato. Ed è per non dimenticare quel tragico evento di esplosione ed eruzione del pozzo di trivellazione TR 24 e del gravissimo inquinamento del territorio di Trecate e tenere via la memoria ed il ricordo e farlo conoscere ai più giovani ed avere cura e vigilare sul bene comune, perché i danni procurati all'ambiente, inevitabilmente, si riversano, poi, contro di noi stessi e ne paghiamo le conseguenze con le lacrime per la perdita di persone care ed amici. Non lasciare che tutto cada nel silenzio e nell'oblio, come già accaduto per le vittime delle foibe e dell'esodo della popolazione giuliana-dalmata che, per oltre mezzo secolo, siamo stati privati delle 'informazioni' delle atrocità e crimini compiuti dai partigiani titini rimasti impuniti.
cav. Salvatore Varisco