Verbania - Riceviamo e pubblichiamo dal Comitato Salute Vco:
La recente pandemia ha messo in evidenza alcune importanti criticità del sistema sanitario italiano. A metterlo in crisi non sono stati certamente gli ospedali pubblici, che hanno retto all’urto del contagio anche se con molte difficoltà. La crisi si è aggravata dove il filtro della sanità territoriale non ha funzionato. Dove essa c’era e funzionava, ha limitato notevolmente la diffusione del contagio e, quindi, anche il numero dei decessi. Si impone, allora, una riflessione anche per il VCO, visto che il dibattito sul nuovo ospedale ha polarizzato i mesi precedenti la pandemia.
Il nostro sistema ospedaliero ha risposto con successo alle sollecitazioni della crisi, grazie alla abnegazione del personale sanitario, che ha sopportato turni di lavoro massacranti. L’assenza di reparti “salvavita” (emodinamica e stroke-unit) all’Ospedale di Verbania ha prodotto una “girandola” di trasferimenti dei malati da e per Domodossola, ma anche verso Borgomanero e Novara, che ha raggiunto livelli mai visti.
Il territorio, benché coperto da alcune “Case della salute”: Cannobio, Omegna, Crevoladossola, Verbania (con Premosello già finanziata, ma non ancora realizzata), non è stato subito coinvolto dalla “Unità di crisi piemontese”, se non dopo una dura presa di posizione dell’Ordine regionale dei medici. Tutto ciò perché si sono volute copiare le delibere della Lombardia, dove la medicina di territorio non esiste più da anni. Qui, invece, la rete, seppure incompleta, esisteva, ma non è stata presa in considerazione. In un anno di lavoro questa Giunta regionale ha volutamente dimenticato la sanità territoriale, faticosamente avviata dalla Giunta precedente e dalla Direzione Asl VCO.
Cos’ha dimostrato questa vicenda?
Cosa sarebbe necessario fare