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Nataly Maier e Leonardo Genovese: Atlantidi a quattro mani

Borgomanero - La MEB Arte Studio inaugura la mostra "Atlantidi - a quattro mani", mostra personale di Nataly Maier e Leonardo Genovese. In mostra verranno esposte una serie di lavori realizzati a quattro mani dai due artisti, nei quali il linguaggio fotografico di Genovese si fa segno pittorico e materia, creando una base su cui il successivo linguaggio pittorico-stratigrafico della Maier si fonde in un unicum. 

La mostra si tiene dall'8 marzo al 19 aprile 2025. Inaugurazione sabato 8 marzo presso lo spazio espositivo della nostra galleria in Via San Giovanni, 26 a Borgomanero (No).

Fotografia e pittura dialogano perfettamente insieme, fondendosi in maniera tale che è difficile capire a volte dove finisce l’una ed inizia l’altra. Nelle opere si instaura un dialogo continuo, che fa affiorare non solo la personalità ed il pensiero di ognuno dei due artisti, ma fa emergere anche il profondo legame che vi è tra i due non tanto e non solo a livello lavorativo ma soprattutto a livello di vita condivisa insieme.

In queste opere emerge in pieno la conoscenza che uno ha dell’altro, il rispetto e la complicità che si crea e si sviluppa in decenni di vita passata insieme, dove ognuno studia ed approfondisce la conoscenza dell’altro fino a trovare poi una sintesi che in questo caso sfocia in lavori unici che sembrano pensati e realizzati da una unica persona e non a quattro mani.

Da queste opere emerge una rappresentazione del mondo che fonde figurazione ed astrazione, creando cosi un proprio mondo estremamente personale che dialoga con lo spazio circostante.
Le opere infatti sembrano tendere verso l’esterno, in dialogo continuo tra di loro e con lo spazio che le circonda. Sono lavori che non finiscono con il bordo dell’opera, ma proseguono ininterrottamente all’infinito.

Visitando Atlantidi

Cristina Casero

Non è affatto cosa comune che due artisti, con tragitti personali ormai ben definiti, abituati a lavorare in perfetta autonomia, riescano a realizzare insieme delle opere convincenti e compiutamente riuscite, come quelle che qui presentiamo. Opere che sono certamente innervate dalle precedenti ricerche di entrambi, ma che sono anche per molti aspetti nuove e originali rispetto a quelle.

Così, visitare Atlantidi, la mostra di Leonardo Genovese e Nataly Maier, non è solo l’occasione per lasciarsi catturare da dipinti particolari, belli e soprattutto intriganti, ma pure per incamminarsi lungo un percorso interessante e stimolante, che consente di saggiare lo spessore di questi lavori i quali, pur offrendosi come immagini molto misteriose, come affondi in un microcosmo immaginario ovvero come sguardi aperti su una dimensione infinita, rappresentano sicuramente anche per lo spettatore una sfida sottile, articolata.

L’assunto di fondo, un tema che ha appassionato negli anni sia Leonardo che Nataly, è il complesso rapporto che il mezzo fotografico stabilisce con il reale quando lo traduce in immagine.

Genovese ha spesso sfruttato al massimo le potenzialità del medium in termini di visione analitica, isolando oggetti prelevati dalla realtà e restituendoli con cristallina purezza, su sfondi neutri, con tanta lenticolare precisione da portarci in una dimensione quasi iperrealista. Lontano da ogni fredda logica di concettuale appropriazione, egli sostiene il suo fare con una intensa vis catalogatoria, che dall’impianto stesso del suo procedere si cala in ogni singolo pezzo: nella modesta semplicità dell’oggetto immortalato si cela la ricca opulenza della materia comune, anche la più umile, che lo sguardo meccanico indaga con perizia, portandone a galla persino la texture. Sembra di poterla toccare. In questi nuovi lavori, Genovese spinge ad un ulteriore grado di profondità la sua compromissione con il dato di realtà. Non cerca il vibrante brulichio che si nasconde in ogni materia per tradurlo sulla superficie dell’immagine, ma entra nell’immagine stessa. Infatti, per realizzare questi lavori, egli recupera negativi scartati, sbagliati, destinati altrimenti al silenzio e lavorandoli certosinamente, fisicamente e chimicamente, con i tempi lenti della ricerca, fa apparire nuove immagini, più indeterminate proprio perché frutto dell’intervento contingente dell’artista, egli stesso impegnato in un viaggio esplorativo.

Questi inediti panorami, testi visivi che suggeriscono, lasciano immaginare più che affermare, o men che meno asserire, una volta stampati su un supporto assorbente e poroso, diventano l’immaginario con cui si confronta Maier. È infatti a questo punto che interviene - in questo dialogo sussurrato di bianchi, neri e grigi, - con il colore, con il dipingere. La dialettica tra bianco e nero e colore non è certo un elemento nuovo nella ricerca di Maier, anzi si tratta di una dinamica sulla quale riflette da tempo. Sin dagli anni delle prime fotosculture, infatti, ha sempre lavorato sul rapporto ambiguo che si instaura tra la forma fisica che si impone nella realtà e la sua immagine, che in queste particolarissime sculture dalla pelle fotografica si fa estremamente decantata, diventando quasi astratta quando ridotta ai toni del bianco e nero. Anche nei bellissimi dittici, realizzati accostando fotografia e pittura, al fantasma bidimensionale del reale si contrappone la presenza squillante della campitura monocromatica, a volte vivace e brillante, altre più tenue e sofisticata, che della realtà sembra quasi essere l’essenza vitale: quella stessa che si fa poi del tutto autonoma nei suoi dipinti astratti.

Ecco, anche in questi nuovi lavori di coppia ogni intervento cromatico di Maier, pensato e ponderato con calma e attenzione, non certo condotto praticando il registro del gestuale o dell’istintivo, ha indubbiamente una valenza connotativa, emotiva, ma al contempo ha un valore essenziale nel sostenere una narrazione tanto particolare poiché serve a creare dei punti fermi, un possibile viatico, per l’artista stessa prima che per lo spettatore, e delle coordinate per orientarsi nella profondità dell’immagine.

Per quanto particolare, dunque, questa nuova esperienza espressiva rappresenta per i nostri artisti una deviazione coerente: è l’ottima occasione per camminare lungo una diversa via che conduce ad un approdo perfettamente in linea con i loro modi e le loro intenzionalità di sempre, che consente loro di immergersi in immagini altre, attraverso pratiche espressive non ancora testate.

E per noi, un’ottima occasione per prenderci il tempo di fare una esperienza artistica, lasciandoci attrarre e coinvolgere, partecipando dello stupore che queste opere evocano. (Marco Emilio Bertona).

MEB Arte Studio è in via San Giovanni 26 a Borgomanero (No) - mebartestudio@gmail.comwww.mebartestudio.it.