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ANIMA, CHI L’HA VISTA?

Novara - “Riscoprire” l’anima, per non perdere la relazione con il proprio corpo. È l’invito rivolto agli studenti del Liceo Scientifico Antonelli dal filosofo Antonio Petagine, il teologo don PierMario Ferrari e lo psichiatra Enrico Ferrari, intervistati dal giornalista Massimo Donaddio, l’11 marzo scorso, nella conferenza dal titolo “Anima. Chi l’ha vista?”, proposta al Liceo Scientifico Antonelli da La Nuova Regaldi e dalla pastorale giovanile del Vicariato di Novara nell’ambito del ciclo “Tra timori e speranze. Giovani in dialogo sul futuro”. La difficoltà di correlare il corpo con l’anima è infatti il punto cruciale su cui si gioca il senso stesso dell’esistenza. Già i padri della filosofia occidentale – ha spiegato Petagine – propongono due diversi modi di intendere l’anima. Se Platone la considera una componente dell’uomo distinta dal corpo, Aristo! tele, padre del pensiero scientifico, la definisce come l’essenza del corpo stesso, la sua stessa vita. Come sostenere dunque che l’anima sia immortale? Aristotele cerca una soluzione, individuando nell’intelletto quella parte dell’uomo che non può essere ridotto alla semplice attività di un suo organo, neppure il cervello, che già anticamente era noto come centro di coordinamento delle funzioni corporee. Con Cartesio, anima e corpo tornano ad essere visti come separati tra loro, la prima affidata alle cure ecclesiali, il secondo agli studi scientifici. Con Locke l’anima è infine interpretata come la “coscienza” dell’uomo, la consapevolezza della propria esistenza. E si giunge infine alla visione attuale, che si è “dimenticata” del concetto di anima, senza riuscire più a capire – paradossalmente – che cosa sia il corpo. Perché le scienze, che hanno ormai sop! piantato filosofia e religione nel pensare comune, non riescono a spiegare quel “di più” che l’uomo sperimenta in sé stesso e nella propria vita oltre al mero dato biologico e fisico. Anche la psichiatria – ha affermato Enrico Ferrari – non è in grado di dare una definizione univoca di anima. Le neuroscienze – che studiano il sistema nervoso in termini di organi e funzioni, di cause ed effetti – vedono nel cervello il “regista” di tutte le funzioni comportamentali ed emotive, negando l’esistenza di un’anima come principio creativo che trascenda l’attività cerebrale. La psicoanalisi, invece, tesa all’interpretazione del vissuto interiore dell’uomo, interpreta l’anima come una “funzione” che collega il comportamento esteriore dell’uomo con i suoi moti interiori, permettendo di decifrarne il senso e il valore, per aiutare le persone a ricostruire! una progettualità che orienti la loro vita. Dal punto di vista teologico – ha suggerito don Piermario Ferrari – un tentativo di risposta alla domanda su cosa sia l’anima si può trovare nella risurrezione di Cristo, e nel suo contenuto fortemente provocatorio. Infatti Il Cristo, risorto con il suo corpo, non è un cadavere rianimato, ma è un essere totalmente nuovo, in cui la dimensione corporea è essa stessa trasfigurata e destinata all’immortalità. Per secoli il concetto di anima ha generato equivoci anche nel pensiero cristiano, che ha visto in essa il principio spirituale dell’uomo, la sede delle virtù, contrapposta al corpo, materiale e fonte di peccato. In realtà le Scritture non disprezzano la dimensione fisica dell’uomo, anzi, la valorizzano. Se – ad esempio – il Salmo 35 identifica le ossa dell’uomo come simbolo della sua essenza più intima, che dà! ; lode a Dio, il vertice della valorizzazione della creaturalità umana è raggiunto con l’incarnazione di Cristo, in cui il Verbo di Dio si fa “carne” accettando i limiti e la caducità della condizione umana, ma anche la sua domanda di salvezza e di eternità. Una domanda che anche l’uomo d’oggi si pone, cercando risposte in dimensioni lontane dalla fede. Ma esse non sono che un surrogato alla certezza offerta dalla risurrezione di Cristo, con le provocazioni che essa lancia alla vita quotidiana, che il cristiano è chiamato a vivere – già nel presente – come risorto a vita nuova con Cristo.