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DON CIOTTI: NON MI INDIGNO DI GIUDA, MA GUARDO DENTRO DI ME

don Ciotti a Novara

Novara - «C’è un frammento di Giuda in ciascuno di noi, con i nostri piccoli tradimenti. Dobbiamo riconoscerlo, perdonarlo, ma sradicarlo ogni giorno di più dal nostro animo». Le parole di don Luigi Ciotti, il sacerdote torinese fondatore del Gruppo Abele e di “Libera. Associazioni, nomi e numeri contro le mafie”, risuonano con forza venerdì sera nel Duomo di Novara per il primo “Quaresimale della Cattedrale”, uno degli eventi di punta di “Passio 2014, arte e cultura attorno al mistero pasquale”, che oltre ai circa mille presenti ha raggiunto numerose altre persone attraverso la diretta streaming in 15 sale parrocchiali della Diocesi. “Il bacio di Giuda. Le relazioni tradite”, questo il tema della serata, esplorato anche con l’ausilio dell’arte di Gaudenzio Ferrari, grazie alla riproduzione di un’affresco dalle 21 Scene della vita di Cristo, – quella della cattura di Gesù nell’orto degli Ulivi – evidenziato da un apposito gioco di luce, e alla lettura dell’attrice Maria Rosa Franchini che, accompagnata dal suono dei clarinetti di Elisa Marchetti, ha interpretato il brano del Vangelo secondo Giovanni che narra il tradimento di Giuda. «Un tradimento – ha sottolineato nella sua introduzione il vescovo di Novara Franco Giulio Brambilla – che si ritrova anche in storie che in questi ultimi anni hanno avuto come teatro la nostra città, con adolescenti, donne e persone con i quali la relazione è stata ferita, tradita, vilipesa. Perché quando è in gioco il massimo dell’amore, esso può stravolgersi nel massimo del tradimento». Il confronto tra Gesù e Giuda – ha ricordato Ciotti – simboleggia non solo il conflitto tra bene e male, ma anche tra la verità e la menzogna, perché «la verità dell’uomo è dare, donare, farsi carico, prendersi cura di chi è debole e piegato dalla vita. Giuda invece agisce nella notte: quando manca la luce, diventa più facile nascondersi, e l’indifferenza e la rassegnazione sono le più grandi povertà». Accanto ad esse l’Italia vive anni di povertà materiale, nei quali a fronte dei 34 miliardi di dollari spesi gli armamenti, lo Stato fatica a trovare fondi per le politiche sociali: «9 milioni di persone sono in stato di povertà relativa, 5 milioni in povertà assoluta, 7 milioni in situazioni di disagio lavorativo. E non sono numeri, ma volti di persone». Ma non è giusto lasciarsi prendere dallo sconforto, e per sostenere la speranza, – prosegue Ciotti – occorre impegnarsi contro l’ingiustizia con il coraggio di compiere scelte scomode, rifiutando i compromessi e seguendo l’esempio di don Pino Puglisi e da don Peppino Diana, sacerdoti uccisi per il loro impegno antimafia, che con la loro azione hanno saputo rompere il muro dell’indifferenza e mobilitare le coscienze. Perché di fronte al male non basta indignarsi, conclude don Ciotti, ma occorre darsi da fare: «non mi indigno di Giuda ma guardo dentro di me. Gesù ci chiede di essere severi con noi stessi ma buoni e tolleranti con gli altri, per comprendere le loro fragilità e renderci forti con il perdono. L’indignazione si guarisce restituendo dignità, prendendosi cura dell’altro e cercando di diventare motori di cambiamento».