Novara - L’opera d’arte esce dai luoghi convenzionali (musei, gallerie o spazi dedicati) e si affianca alla vita quotidiana, diventandone parte integrante. Prima tappa di questo percorso, che fa parte del progetto “ARTE x cASa”, sono gli uffici della società Ing. Martinoli srl, in viale Dante 25, a Novara, che dalle ore 18 di venerdì 4 ottobre 2013 ospiteranno una settantina di opere realizzate tra fine 2010 e marzo 2013 dall’artista novarese Giuseppe Ravizzotti.
«L’esposizione – spiega Ravizzotti, il cui curriculum è caratterizzato da esperienze artistiche a livello nazionale e che è accreditato alla Galleria OrlerLab, categoria Top Selection, della famiglia Orler – si intitola “Appunti di Viaggio & Altre Storie” e propone due percorsi artistici, differenti nella realizzazione espressiva ma comuni nella sintesi interpretativa degli stati d’animo. Il primo, “Appunti di Viaggio”, è un incontro nel quale l’espressività del gesto e la loquacità verbale interagiscono dando vita a un orizzonte di grande poesia, un accostamento narrativo di storie e di pensieri dove ognuna ha un significato, ognuna è un momento. Andare, partire, scoprire e scoprirsi, attraverso l’archeologia della nostra essenza, rimanendo fisicamente nello stesso luogo ma mentalmente e sensitivamente al di là dell’asse temporale: un’esperienza unica, un viaggio di andata, verso il nostro “io” più profondo, che include il viaggio di ritorno alle nostre origini; una terra universale dove s’incontrano il cosciente e il sub–cosciente, un magico istante di sintesi nella forma rapsodica dell’astratto informale. Il secondo percorso, intitolato “Altre Storie”, attraverso il linguaggio del corpo, in un alternarsi di bianchi e neri, di chiaro e scuro, racconta il “Woman Project”, quell'universo femminile fatto spesso di paure, solitudini e sofferenze quotidiane che vorresti non siano tue. La donna e i suoi sentimenti, le sue emozioni. Qui vengono proposte opere dal gesto figurativo più dichiarato perché certe sensazioni, questioni intime, messaggi e sofferenze hanno bisogno di essere “lette” ed “espresse” con “linguaggi differenti dall’astratto”, certe vibrazioni devono essere codificate con “figure e forme conosciute”».
Le opere, cariche di pensieri, sentimenti e ricordi, verranno installate all’interno delle stanze dello studio Martinoli, anch’esse fortemente caratterizzate dalla presenza dei suoi “abitanti” (le persone che vi lavorano e che continueranno nella propria attività anche nei giorni seguenti l'inaugurazione della mostra), per cercare continuità o distacco con un ambiente intimo, personale e molto lontano da quello originario. «Racconteranno – aggiunge l’artista – il viaggio nell’anima e dell’anima capace di far cadere le barriere fra conscio e inconscio, fra dentro e fuori, fra razionale e passionale. Un cammino dentro noi stessi per riportare alla luce sentimenti, pensieri, ricordi».
«L’idea di presentare alcune opere d’arte in luoghi “non convenzionali”, che anima il progetto “ARTE x cASa” – prosegue Ravizzotti – trae ispirazione dalla mostra allestita da Jan Hoet, storico dell’arte e curatore belga, nel 1986 a Gand, in Belgio, intitolata “Chambres d’Amis”: un progetto che puntava all’identificazione di luoghi differenti, insoliti, capaci di accreditare l’arte fuori dal recinto sacro e intoccabile del museo, per tramutarla in evento inatteso, esploso nel mezzo del quotidiano. In quel progetto erano stati invitati 50 artisti a realizzare le loro installazioni dentro le case di chi si era dichiarato disponibile ad accoglierli. In Italia nel 2008 il critico e storico dell’arte Alberto Mugnaini apre la porta del suo studio di Milano per ospitare a turno artisti selezionatissimi. ARTE x cASa trova in questi avvenimenti il possibile precedente: il tentativo di abitare l’arte, superando la dimensione ingessata e gelida della visita in galleria. Le opere lasciano gli spazi convenzionalmente ad esse destinati per “abitare” un ambiente privato, domestico, familiare. L’intento é quello di rivedere completamente il rapporto delle opere d’arte con gli spazi espositivi convenzionali, rapporto che costituisce, come spesso accade all’uomo nei confronti della propria casa, l’ambiente precipuo nel quale l’opera esiste e con cui si confronta. Il significato simbolico di questo progetto si concretizza, dunque, nell’offrire un “alloggio”, seppur temporaneo, all’opera, inserita nella cornice domestica e “in dialogo” con altri oggetti che già caratterizzano quello spazio abitativo. L’iniziativa vuole quindi suggerire una riflessione trasversale sul concetto di contenitore, laddove spazio espositivo e architettura vissuta si compenetrano attraverso l’arte che s’insinua silenziosamente in una dimensione privata, cercando analogie e sinestesie con un luogo vissuto quotidianamente al quale, in quest’occasione, l’opera stessa richiede “accoglienza”. Una tale indagine conduce inoltre a riconsiderare la fruizione dell’opera d’arte che si presenta così decontestualizzata dal suo habitat naturale (museo, galleria o spazi dedicati) e, dunque, in assenza di quella distanza che normalmente caratterizza questi luoghi consueti, creando una sorta di soglia. Un contenitore nuovo per opere non propriamente contenute in uno spazio che le racchiude, ma che piuttosto lo identificano come ambiente vissuto ogni giorno. L’opera diventa così esperienza di vita, racconto che nasce dal dialogo tra l’artista e il proprietario dell’abitazione, tra l’artista e l’abitazione stessa, per un diverso episodio della sua esistenza».
La casa situata al numero civico 25 di Viale Dante è stata costruita attorno al 1920 e adibita dai nonni della signora Beretta, l’attuale proprietaria, alla commercializzazione di beni coloniali. Oggi è sede di attività pubbliche e private.
«Conosco Ravizzotti da oltre 30 anni – dice Fabrizio Martinoli, titolare della omonima società di servizi alle imprese, nella cui sede saranno esposte le opere – e il legame personale tra noi è sicuramente molto forte, ma ho dato la mia disponibilità a ospitare questa eccezionale esposizione anche per un mio interesse personale nel cercare di avvicinare più possibile il mondo del lavoro “tecnico” a quello dell'arte e della cultura in generale. Insieme a Ravizzotti abbiamo cercato di modificare il meno possibile l'ambiente di lavoro, in cui le opere d'arte si inseriscono in modo discreto, lasciando inalterata l'atmosfera dell'attività quotidiana».