Novara - "È giusto insegnare ai nostri figli a pregare, se Dio è morto?". L'interrogativo – dello psicoanalista Massimo Recalcati – risuona all'interno del Battistero paleocristiano di Novara, teatro, il 26 febbraio, del primo di sette incontri con il biblista don Silvio Barbaglia e l'attrice Lucilla Giagnoni, dedicati alla lettura e al commento del Padre nostro. La preghiera più comune e nota nella civiltà cristiana, ma che oggi appare tutt'altro che scontata. Perché dire "padre" chiama in causa un immaginario segnato da esperienze umane spesso negative. Come quelle espresse da Franz Kafka nella sua tormentata lettera al padre, scritta nel 1919 e mai recapitata al destinatario: "Anche quando scrivo mi bloccano la paura di te e le sue conseguenze". La relazione frustrante con un padre tiranno, che priva il figlio della libertà e lo schiaccia. Simile a quella che nel Nove! cento portò regimi totalitaristi a convocare i giovani "in adunate oceaniche per imparare ad odiare"e per inviarli "a combattere gli uni contro gli altri". Ma "voi non vi presterete ad essere strumenti di violenza e distruzione; difenderete la pace, pagando anche di persona se necessario", esorta Giovanni Paolo II nella veglia di Tor Vergata del 19 agosto del 2000, invitando i giovani convenuti per la Giornata mondiale della gioventù ad affidarsi a Cristo, nel quale potranno dire "sì" ad ogni loro più nobile ideale. "Quando pregate dite: Padre...", insegna lui stesso ai suoi discepoli. Un modo inedito di rivolgersi a Dio, non attestato nei giudaismi a lui contemporanei e molto raro persino nelle Scritture dell'Antico Testamento. Ma Gesù va oltre, e invita a non chiamare nessuno, su questa terra, "padre" o "maestro" – i titoli con cui amano farsi chiamare i dottori della Legge in Gerusale! mme e in Galilea: "Perché uno solo è il vostro Maestro, e voi siete tutti fratelli..., e uno solo è il Padre vostro, quello celeste..., e una sola la vostra Guida, il Cristo". È un nuovo modo di intendere le relazioni tra persone, in cui tutti sono fratelli, accompagnati da Gesù, loro Guida, ad avere in Dio l'unico Padre e Maestro. Che Gesù chiama con un nome ancor più famigliare: "abbà", che in aramaico corrisponde all'italiano "papà". È il nome di Dio che Paolo rivela ai cristiani di Roma e della Galazia, che invita a invocare Dio come "abbà, padre", sull'esempio di Gesù. È il nome di Dio che l'evangelista Marco coglie sulle labbra di Gesù nell'Orto degli Ulivi, nella notte "in cui – canta David Maria Turoldo – perfino gli ulivi piangevano... e l'aria tremava tra ramo e ramo": "Abbà! Padre! Tutto è possibile a ! te: allontana da me questo calice! Però non ciò che voglio io, ma ciò che vuoi tu". Ma cosa chiedere a questo Padre che è nei cieli? L'appuntamento per scoprirlo è in Battistero, alle 21, domenica 4 marzo.