Novara - Giovedì 5 aprile alle 21 al Teatro Coccia va in scena "La Penultima Cena", spettacolo teatrale di e con Paolo Cevoli, per la regia di Daniele Sala.
Dopo le commedie Motonave Cenerentola, Ah, che bel vivere! e Disco Paradise 77, questa volta vediamo Paolo Cevoli nei panni del cuoco romano Paulus Simplicius Marone che saltando di palo in frasca e da un fornello all'altro parla di cucina, di religione, di amore, di politica. Una performance teatrale ben oltre le apparizioni cabarettistiche televisive.
La trama: Roma imperiale. Nella cucina di una villa patrizia, Paulus Simplicius Marone sta allestendo un sontuoso banchetto. Mentre farcisce alcuni maialini con albicocche passite e garum, racconta la sua vita avventurosa. Le umili origini ad Ariminum, l'adozione da parte di una famiglia nobile che lo porterà a Roma dove potrà apprendere l'arte culinaria alla scuola di Apicio, il più famoso chef dell'antichità. Al tempo stesso arrotonda le entrate con affari più o meno leciti ideati nel negozio del barbiere Filone, quartier generale di una compagnia variegata di clientes, debosciati e perditempo. Tutto fila liscio fino a quando Paulus e soci vengono processati per truffa a causa della vendita di un afrodisiaco egiziano. In caso di condanna la pena sarebbe la schiavitù e per questo motivo Paulus decide di fuggire nella terra più lontana e desolata dell'impero: la Palestina. Così il cuoco romagnolo si trova a Cana durante le celeberrime Nozze. Per convincere gli sposi ad affidargli l'incarico di cuoco, propone i suoi servizi sottocosto, magari risparmiando sul vino. Ma accade l'imprevisto. Il miracolo di Gesù. Gli occhi di Paulus si incrociano con quelli del Maestro. Da quel momento la sua vita non sarà più la stessa. E da buon romagnolo Paulus ha subito un’idea imprenditoriale: “Quello lì deve diventare mio socio, logicamente non operativo, mi basta che ci metta l'immagine”. Per giorni segue la comitiva di Gesù e individua la persona giusta che potrebbe permettergli di parlare col Maestro: Giuda. In attesa di contattare il futuro socio, Paulus cerca di trarre profitto nel soddisfare l'appetito della moltitudine che segue il Profeta. Allestisce un chiosco di pani e pesci in attesa che Gesù termini il suo discorso. Quel giorno purtroppo gli affari non vanno tanto bene. Qualcuno distribuisce gratis pani e pesci. Così Paulus arrabbiato con il suo contatto, chiede a Giuda la possibilità di rifarsi economicamente. Concordano per una cena privata, con un sessanta/settanta invitati, in occasione della Pasqua ebraica. Purtroppo si presentano solo in tredici. Da quel momento tutto va a rotoli. Gesù viene catturato, Giuda si fa di nebbia. Paulus Simplicius, preso dallo sconforto, decide di tornare a Roma. Meglio schiavo a Roma che libero in questa terra disgraziata. Ma le cose non andranno più come il nostro cuoco romagnolo aveva pensato. Dall'incontro con Gesù, Paulus Simplicius Marone non è più lo stesso. E quando per le strade di Roma ritrova alcuni commensali di quella famosa Ultima Cena...
Ma a proposito di questo spettacolo, sentiamo che cosa ha da dire proprio Cevoli.
"La penultima cena": partiamo proprio dal titolo. Perché penultima? Di che cosa parla questo monologo?
E' la storia di Paolus Simplicius Marone, il cuoco dell'Ultima Cena. Durante la storia si capirà perché quella lì sarà la penultima cena e non l'ultima ...
Un monologo tra sacro e profano: perché ha sentito l'esigenza di un tema serio per questo suo spettacolo?
Ho voluto raccontare una storia. Che in realtà è la mia storia. Il tema è serio ma fa molto ridere. Come la mia vita.
C'è un cambio di prospettiva rispetto ai precedenti spettacoli di cabaret, stile Zelig? Siamo al Cevoli 2.0?
Diciamo che è più che altro una evoluzione.
Com'è nata l'idea di questo monologo? L'ha sviluppata da solo o insieme a qualcun altro?
L'idea è nata da un viaggio in Terra Santa. La storia l'ho scritta io.
Un personaggio come lei ha il solo scopo di far ridere le persone, distraendole dalla realtà, oppure mira a qualcosa di più? E' possibile ridere e divertirsi vivendo comunque intensamente tutta la quotidianità?
Il mio mestiere è fare ridere. E basta. Nelle cose che racconto c'è tutto me stesso. Vivere intensamente vuole dire ridere e piangere. Tutti e due insieme.
Qual è il pubblico di riferimento de "La penultima cena"?
Boh. Agli spettacoli viene tanta gente. Direi di tutti i tipi.
Non le sembra un po' irriverente il tema, questa volta?
Il tema non è irriverente. Anzi. E tantomeno il modo come io lo tratto. Ridere della vita è una cosa bella. Non è da sciocchi. La vita è sacra. È un dono. In pacco dono. La vita è un pacco.
Come le è venuta questa idea?
Qualche hanno fa sono andato in Terra Santa. E mi sono chiesto: nel gruppo del Nazareno c'era tanta gente, vuoi che non ci sia stato un patacca? E magari era proprio il cuoco.
Nella Bibbia c'è spazio anche per la comicità?
La Bibbia è il libro dei libri. Raccoglie ogni cosa. Anche l'ironia.