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Paracchini: I miei Segni contro la violenza sulle donne

Intervista di Francesca Riga al regista novarese, autore di uno straordinario spot
foto di Chiara Galliano

Novara - Il 25 novembre è stata la Giornata contro la violenza sulle donne e a Novara è nato un cortometraggio. Il progetto nato dalla volontà di sensibilizzare l'opinione pubblica sul crescente fenomeno della violenza sulle donne è del regista Marco Paracchini che, dopo "Aqua" (2019), ha pensato di ideare una campagna audiovisiva attraverso i social-network con "Segni". Paracchini, che continua ad avere una grande presa sul pubblico dei lettori, grazie alla graffiante potenza delle sue parole, immagini e alla forza delle sue idee è stato, ancora una volta, capace di raccontare, con incredibile accuratezza, degli spaccati di vita della nostra società,  conquistando il cuore di tutto il mondo.

Com’è nata l’idea di questo nuovo video? "Come ogni anno cerco di dare, col mio lavoro, un dono: dar voce a chi non ne ha. Dopo molteplici progetti benefici la spinta a toccare nuovamente questo tema, purtroppo, mi è arrivata a fine primavera quando un vecchio amico ha ucciso la sua ex compagna, anche lei mia amica. Parlo del delitto Malavasi, agghiacciante momento che non dimenticherò mai. Cercavo un'idea per scuotere gli animi, ma non volevo scadere nel patetico. A ottobre ho fatto alcuni scatti fotografici alle ragazze del softball e lì mi è balenata un'idea in testa che s'è poi tramutata in Segni". 

Un progetto in realtà diverso dagli altri, quasi un’operazione collettiva… "L'idea l'ho proposta al mio collaboratore di una vita, Giorgio Saettone. Quando gli ho spiegato cosa volevo realizzare ha esclamato: "bellissimo, giriamolo!" e da lì è partita la pre-produzione. Purtroppo poi è scattata la Zona Rossa e non sapevamo bene come muoverci. Ci siamo persi per strada per un paio di settimane, poi grazie a Fulvia Umer ho conosciuto virtualmente Carlotta (la protagonista) che ha in seguito ingaggiato due sue colleghe di squadra. I meeting di produzione li facevamo online. La società Athletics s'è dimostrata da subito disponibile e abbiamo chiesto una mano al Comune per l'utilizzo dello Stadio Provini. L'Assessore Chiarelli si è mossa immediatamente e nel giro di 48 ore sapevamo già che avremmo potuto muoverci, pur seguendo le rigide norme anti-Covid. Nessuno ci ha dato soldi, nessuno sponsor è stato cercato, volevamo che fosse una produzione indipendente e libera da meccanismi beceri del brand journalism: era e rimane una campagna sociale a 360 gradi. Tutti coloro che hanno partecipato alla suddetta produzione lo hanno fatto volontariamente senza pretendere alcun emolumento. Oltre a Caterina ci sono le atlete Martina Maruzzi e Guendalina Fracassi. Come assistente sul set c'era la brava e meticolosa Mariana Fontana, al trucco la succitata Samantha e come supporto ai comunicati stampa ho avuto una mano da Giusy Trimboli. Anche per la musica mi sarei voluto affidare a una donna, ma il tempo a sua disposizione non era sufficiente ergo abbiamo optato per una musica da library che però è strepitosa. Un ringraziamento va anche a Davide Albertinetti che ha fatto il sound-design in un solo pomeriggio".

C’è un’analogia in Segni con la difficoltà che alcune donne hanno nel mostrare gli atti di violenza e lo si percepisce dalla maschera che copre il volto, che nel softball non è obbligatoria per chi lancia la palla... oltre allo spazio in cui la protagonista cammina nel corridoio che appare non solo vuoto, ma anche coperto di foglie autunnali. Come hai creato questa metafora? "Attraverso il linguaggio delle immagini ci sono diverse sfumature, messaggi e analogie. La solitudine della vittima di violenza si percepisce, come hai scritto tu, già dalla prima inquadratura: dal basso si riprende un corridoio deserto ove la protagonista cammina su uno stuolo di foglie secche, segno del decadimento. L'antitesi dell'altra atleta che impugna una mazza con la quale potrebbe colpire, respingere l'attacco del suo aggressore... La mascherina protettiva della lanciatrice che copre i segni (perché molte nascondono i lividi per paura e lo fanno anche con le loro amiche), infine lo spogliatoio, desolatamente vuoto e spoglio, come l'animo di chi dentro ha perso tutto, speranza in primis".  

Nel video è stata simulata la conseguenza delle percosse che molte donne continuano a subire. Traspare violenza, umiliazione, l'intelligenza che si calpesta, l'ignoranza in cui la si lasciata, la libertà che le si nega...Come lo avete realizzato? "I lividi riportati sono ovviamente frutto del sapiente lavoro della make-up artist Samantha Giannotta. Il suo lavoro è stato talmente perfetto e preciso che alcune persone mi hanno scritto in privato per sapere se Carlotta, la protagonista, fosse stata davvero vittima di percosse. La truccatrice aveva già collaborato con me e abbiamo deciso di contattarla per la sua estrema bravura e capacità di coordinarsi col gruppo di lavoro in maniera estremamente professionale".

In tutti i tuoi lavori infatti hai sempre cercato di affrontare questo tema crudo e violento con un linguaggio poetico e delicato. Cosa aggiunge secondo te questo cortometraggio a quelli che hai realizzato in precedenza? "Aqua è una favola moderna, ma cupa. Io e Andrea Capone (co-sceneggiatore) avevamo deciso di realizzare una pura opera di fiction che smuovesse gli animi anche degli spettatori più giovani. Un linguaggio assai dissimile rispetto a questo spot che si muove su linguaggi e metriche emozionali differenti. Per "Segni", come detto, il linguaggio dà molti spunti di riflessione e il colpo di scena è l'epilogo. Questo secondo me aggiunge una divulgazione più rapida e, spero, efficace: in poco più di un minuto il messaggio arriva dritto come un pugno nello stomaco".

Cosa vuoi dire a chi si avvicina per la prima volta ai tuoi capolavori? “Di guardarli con attenzione e senza avere pregiudizi tenendo conto che dietro a ogni lavoro audiovisivo ci hanno lavorato donne e uomini con passione e forte volontà".

Quanto è diffusa la violenza contro le donne in Italia? "Purtroppo i dati dell'ISTAT ci offrono un quadro agghiacciante: i casi di violenza nei confronti delle donne sono in aumento e anche i femminicidi".

Quali pensi siano le origini della violenza maschile contro le donne? È radicato in una società patriarcale? È biologico? Sociologico? Un desiderio di potere e controllo? "Il dramma di questo fenomeno è conosciuto in tutto il mondo. Confrontando i dati reperibili nel web ci sono nazioni, cosiddette "civilizzate", che registrano dati molto più allarmanti rispetto ai nostri, ma questa non è né deve essere una comparazione che può farci prendere un sospiro di sollievo. Credo che le origini giungano da tutte le cose che hai elencato nei quesiti: c'è chi alza le mani per via di un'educazione sbagliata, chi perché è un codardo e sa di poter contare solo sulla supremazia fisica, chi invece ha deficit psicologici e non riesce ad accettare un rifiuto o un abbandono... Ma ritengo che a questa serie di domande debbano rispondere professionisti della psiche: sono sicuro che lo farebbero in maniera molto più completa e corretta rispetto a quello che può essere il mio pensiero".

Alcuni dicono che la società è strutturata per consentire agli uomini di essere violenti? Non solo permettiamo, ma incoraggiamo gli uomini a essere violenti? "Su come e quanto è strutturata la società odierna potremmo discuterne per ore, ma un dato di fatto è che le donne non hanno mai avuto né hanno una parità col genere maschile. Inutile girarci intorno: dagli Stati Uniti al Giappone le donne ricoprono una percentuale ridicola nei posti di potere e in molte professioni guadagnano meno rispetto ai colleghi maschi. Qualche anno fa l'Italia ha dovuto imporre delle Quote Rosa anche nelle realtà politiche: non basta questo per capire quanto sia disequilibrato il mondo sociale odierno? Più qualcuno ha spazio e potere, più ritiene di doverlo mantenere. Questo ce lo insegnano i grandi autori del passato quindi, in un certo senso, la risposta è "sì, la società è strutturata per consentire agli uomini di essere più violenti".

La società incoraggia anche le donne a essere vittime? "Non credo che una società possa indurre delle persone a essere vittime. Un paio di trattati storici dicono che sia più semplice gestire il pensiero delle masse piuttosto che dei singoli. Bislacco a dirsi, ma è così. Però ritengo nuovamente di non essere la figura migliore per rispondere a determinati quesiti". 

Cosa si può fare per scoraggiare la violenza? C'è chi dice che è inevitabile. Lo è? Fa parte della risposta l'equità di genere? “Finché i bambini hanno tra le dita dei soldatini e delle pistole giocattolo e ai loro occhi appare assolutamente naturale che gli esseri umani si uccidano tra loro, cosa può cambiare? Finché non è permesso ai bambini di piangere perché è da "femminuccia", cosa potrà mai cambiare? Finché in alcuni Stati è permesso insegnare la caccia ai bambini - purché accompagnati da un genitore - cosa si spera di cambiare? Sparare a un cervo è educativo? Nell'ultimo libro a titolo "Il Mutilatore" tratto anche questi temi: ci sono molteplici riflessioni legate al tema della società deviata e di quella che è la follia con la F maiuscola. Il mio sogno è vedere squadre sportive miste: se le donne scendono nei campi di guerra e si fanno ammazzare al fianco degli uomini, non vedo perché non possano correre dietro a un cazzo di pallone per gioco. Il mondo deve cambiare, ma si deve cominciare dall'educazione dei più piccoli: rispettare i deboli, sempre e gli animali".

La rieducazione è una soluzione a lungo termine. Ma per quanto riguarda il breve termine? Come lo si affrontia il problema? “La cosa positiva è che gli esseri umani possono cambiare, se lo vogliono. Una rieducazione può portare dei risultati. E, contro ogni luogo comune legato alle scuole, posso testimoniare che ci sono insegnanti che riescono a educare e migliorare la testa degli adolescenti: non esiste solo bullismo, droga, abuso di potere e violenza. Finché si dà spazio solo a questo, la eco sarà sempre la medesima“. 

Ci sono state molte polemiche sulle differenze biologiche tra i sessi. Cosa ne pensi? Possiamo negare le differenze? “Il bene e il male sono considerazioni soggettive legate a etica e geografia. Permettimi un esempio: se ai nostri occhi Wonder Woman è sinonimo di giustizia, moralità e onestà, in altri Paesi è già solo offensivo il modo in cui si veste quando è nei panni dell'amazzone eroina. Anche su questo tema si sono spese parole e fiumi di inchiostro. Personalmente io penso che ci debba essere la libertà laddove v'è un amore puro che non viola né abusa persone o animali. Un uomo si sente donna e vuole cambiare sesso? Due donne si amano e vogliono baciarsi in pubblico? Non vedo il problema".  

Come si fa, come dici tu, a diminuire la violenza, non solo a punirla? “Guardiamo un attimo anche solo a quindici anni fa: i dati sono in aumento perché si basano su segnalazioni e denunce. Questo significa che le donne non stanno più quiete ad attendere un altro segnale di violenza, il punto è un altro quando e come educhiamo gli uomini adulti a capire che c'è un limite che non va superato? Trovare una risposta non è semplice. Come regista faccio ciò che mi è possibile fare ossia sensibilizzare l'opinione pubblica su determinati temi".

Francesca Riga