Novara - Presentazione del libro "Sciuscià" di Bruno Maida (Università di Torino) edito da Einaudi, che si terrà presso la Biblioteca Civica Negroni di Novara martedì 18 giugno alle ore 17.30. L'evento, a cura dall'Istituto Storico della Resistenza "Piero Fornara" di Novara, sarà presentato da Sergio Botta.
Sciuscià è una delle parole italiane più conosciute al mondo, che grazie all’omonimo film di Vittorio De Sica è arrivata a incarnare e rappresentare la condizione dell’infanzia povera e abbandonata nell’Italia nel dopoguerra, forse più di ogni altro aspetto sociale ed economico. Dalla liberazione di Napoli nel 1943 fino alla fine del decennio, i bambini e i ragazzi di strada sono il simbolo del contrasto tra un’infanzia come immagine positiva del futuro e un’infanzia “pericolosa” che vive ai margini della società e spesso è costretta a delinquere. Il libro racconta le vicende di quei bambini e ragazzi che nei primi anni del dopoguerra popolano le grandi città italiane, in particolare Roma e Napoli, invase dai militari alleati a cui di fatto si deve il nome. Il legame con il film di Vittorio De Sica, vincitore del premio Oscar come migliore pellicola straniera nel 1948, che ha reso la parola «sciuscià» famosa in tutto il mondo, si base su tre motivazioni. La prima è di carattere politico e culturale. L’intreccio di creatività e avversità di cui parla la motivazione dell’Oscar al film sembra dipingere il tradizionale stereotipo dell’italiano che se la cava in qualche modo, si arrangia e alla fine o sparisce nel gorgo luciferino della miseria o, baciato dalla fortuna, conquista il successo. Il secondo motivo è che «sciuscià» è una sineddoche. I lustrascarpe sono la parte visibile di una massa di bambini e ragazzi orfani, poveri e profughi che vivono e sopravvivono nelle strade delle città italiane del dopoguerra. Il terzo motivo è il valore per così dire universale, nel tempo e nello spazio, dello sciuscià. La sua figura di bambino è quella che aggruma l’idea di tutte le infanzie vissute ai margini della società nel corso del Novecento: vittime dei cambiamenti che investono le comunità dopo guerre e catastrofi oppure espressioni icastiche dell’umanità dimenticata e offesa a ogni latitudine.