Novara - Il romanzo giallo di Marco Scardigli Èvelyne. Il mistero della donna francese pubblicato da Interlinea (pp. 120, euro 15) è uno dei sei vincitori del 67° premio Selezione Bancarella. La cerimonia di consegna del premio sarà questo venerdì 14 giugno a Cesena, alle ore 16 presso la Biblioteca Malatestiana (Piazza Maurizio Bufalini 1). Con l’autore saranno presenti anche l’editore Roberto Cicala a rappresentare la casa editrice Interlinea e gli altri cinque finalisti. Èvelyne è un romanzo giallo ambientato in una città di provincia, in piena Belle Époque, quando in un albergo arriva una signora francese così affascinante da diventare l’oggetto delle attenzioni di tutti i viveur della zona. Sarebbe solo materia di pettegolezzo, se non fosse che la sua presenza coincide con una sequenza di eventi via via più misteriosi e tragici. Quando, nel fossato del castello, viene trovato il corpo di una giovane terribilmente sfigurata, i giornali si buttano con avidità sulla vicenda, che sembra ricalcare quella londinese di Jack lo Squartatore. Sul caso indaga il commissario Marchini, ma verranno coinvolti anche il suo amico, il maggiore Stoffel, e Tina, la donna amata da entrambi. E sarà un’avventura che cambierà del tutto le loro vite.
L’autore Marco Scardigli è nato, vive e lavora a Novara. Storico militare, ha pubblicato per Mondadori la trilogia sulle battaglie nella storia d’Italia, per Rizzoli Le grandi battaglie del Risorgimento (2010), per Utet, tra gli altri, Viaggio nella terra dei morti (2014) e Il viaggiatore di battaglie (2017). È anche appassionato di gialli: Èvelyne è la seconda avventura con protagonisti Tina, Stoffel e Marchini dopo Celestina. Il mistero del volto dipinto (Mondadori, Milano 2016). Oltre che di storia e narrativa, è anche appassionato di giochi e di cultura gastronomica.
L’incipit del libro: «A mezzanotte e mezza del primo gennaio 1904, con un gelo che morde come un cane arrabbiato, Ernestina Sessa detta Tina torna a casa da palazzo Arnaud con la testa piena di pensieri poco piacevoli. “Siamo davvero povere cose” si dice, asciugandosi una lacrima. Un piede veloce avanti all’altro, le mani infilate ben dentro alle tasche del cappotto, Tina inciampa in un fagotto buttato contro il muro. Dagli stracci spunta il viso di una zingara bambina: due occhi belli e inquietanti, di un colore fra l’ambra e l’oro. “Le leggo le carte?” “A quest’ora?” pensa la donna, ma ugualmente fruga alla ricerca di qualche spicciolo. Dà sempre qualcosa a chi ha bisogno, perché ricorda benissimo cosa sia la fame: avere lo stomaco che miagola e si contorce e sulla tavola solo un pezzo di pane muffo. Poi un lampo: “Ci siamo già viste, vero?” Gli occhi non rispondono né sì né no, ma: “Io sono sempre qui”. Tina corruga la fronte: in quella strada, a cinquanta metri da casa sua, non ha mai visto zingarelle. La prende una vaga inquietudine, impalpabile come un filo di fumo. Allunga gli spiccioli che vengono accolti con cura religiosa e finiscono da qualche parte nella stoffa informe. Dagli stessi stracci appare un mazzo di tarocchi: “Leggo le carte?” Tina rabbrividisce e non sa perché: “No, no grazie. Magari un’altra volta”. La piccola soppesa con attenzione le parole, come se contenessero una qualche verità celata: “Almeno mi dica se il mazzo va bene così, o se devo girarlo”. “Che differenza fa?” Un piccolo sorriso, esile come un lumino. “Cambia tutto. Ogni carta ha il suo rovescio”. Guarda il mazzo, stringe le labbra e conclude: “Come ogni cosa nella vita”».