Milano - Persona fuori dagli schemi, mai banale e soprattutto senza peli sulla lingua, inizia da questa settimana a dare un contributo di idee Andrea Baroncelli, personaggio che su youtube spopola per la sua battaglia per i diritti civili. Iniziamo questo percorso insieme con un commento alla trasmissione tv del momento, Pechino Express, che si è appena conclusa.
Ho guardato la seconda metà della finale di Pechino Express, una trasmissione che ho completamente disertato in questa edizione, ma che so essere molto seguita, concepita in modo divertente e condotta con molto brio.
Non nascondo che ho tifato per la coppia seconda classificata, forse per un innato spirito da bastian contrario, che mi ha fatto subito intercettare chi sarebbe stato il perdente, ma penso anche per una ragione ancora più banale: mi sono sembrati più svegli. Magari più sbruffoni (e chissà se proprio questo aspetto non li abbia penalizzati con il tassista che li ha intralciati sul finale) ma francamente… nella prova in cui bisognava imparare una semplice filastrocca portoghese, da un lato si sono visti due ragazzi che sono arrivati dritti all’obiettivo e dall’altro due svampiti che si sono persi in mille sdilinquimenti.
Bastavano cinque minuti sui social media per rendersi conto che i due “espatriati” sono stati poco amati dal pubblico, e certamente anche a me non hanno ispirato il misto di tenerezza e simpatia che mi hanno trasmesso i due “antipodi", ma una caccia al tesoro, in ultima analisi, dovrebbe premiare chi è più bravo, no? Teoricamente sì, ma quella che potremmo definire “meritocrazia” non ha senso in una gara il cui regolamento viene definito in corso d’opera e che viene proposta al pubblico televisivo dopo una studiatissima opera di montaggio che non permette in alcun modo al telespettatore di riscontrare personalmente l'accaduto: per questo, avendo visto il taglio del traguardo con gli occhi della regia e non con i miei, posso solo presumere che i due ragazzi dichiaratamente omosessuali siano stati proclamati vincitori legittimamente. Sicuramente sono stati i vincitori del pubblico, ma mi viene da dire che non avrebbe potuto essere diversamente: la trasmissione è parsa totalmente cucita su di loro, tagliata sul tipo di sorprendente esuberanza che potevano offrire alle telecamere, rendendo oro qualunque inflessione che, estrapolata dal contesto confezionato ad hoc, sarebbe potuta risultare stucchevole.
Ogni conseguimento di un appartenente a una minoranza è occasione di crescita per la collettività, perché chi si è dovuto cercare il supporto, non trovandolo già “di fabbrica” nel proprio ambiente di origine, può raccontarci una storia non banale (e come tale illuminante) di ricerca e costruzione del proprio io, ma affinché queste storie di successo possano avere piena valenza di schiaffo morale a chi si è indebitamente ritenuto vincitore a priori (per implicita squalifica dell’avversario) è necessario che la vittoria sia inequivocabile, altrimenti essa non può uscire dalla sfera del puro “fenomeno di costume” e si perde un’opportunità nei casi in cui erano comunque presenti tutte le condizioni per una vittoria trasparente.
Andrea Baroncelli