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Autotraspartatori in allarme

CNA FITA scrive al Ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture, Matteo Salvini
Marco Pasquino

Novara - E’ un vero e proprio grido di allarme quello degli autotrasportatori aderenti a CNA FITA, che devono affrontare una nuova impennata dei costi del carburante e, come se ciò non bastasse, l’incremento dei pedaggi autostradali. CNA FITA nazionale ha redatto un documento di proposte che ha inviato al ministro dei Trasporti e delle Infrastrutture Matteo Salvini, confidando in un confronto immediato e proficuo che porti a risolvere una situazione non più sostenibile.

“Secondo i dati dell’Osservatorio sui prezzi dell’energia della Commissione europea – sottolinea Marco Pasquino, direttore CNA Piemonte Nord -  l’Italia sale al terzo posto nella graduatoria dei prezzi del gasolio alla pompa più alti d’Europa. Al 2 gennaio scorso si registra un prezzo di 1,890 euro al litro. Sbalordisce che a far lievitare a dismisura il costo del carburante sia l’incremento delle accise, passate da una incidenza sul prezzo finale pari al 38,7% lo scorso 5 dicembre e salita al 50,69% attuale. Per le imprese di autotrasporto la stangata è pesantissima, perché condiziona fortemente la principale fonte di energia utilizzata per alimentare i motori dei camion, indispensabili allo svolgimento della professione”.  

“E’ un gravoso fardello a cui si aggiungono gli aumenti di tutte le voci relative ai costi di gestione del nostro settore – aggiunge Alessandro Cianciolo, presidente CNA FITA Piemonte Nord - in particolare l’aumento del 2% sulle tariffe che ASPI ha applicato a decorrere dal primo gennaio 2023 sulle tratte autostradali di cui è concessionaria. Una impresa di autotrasporto percorre mediamente il 70% su tratte autostradali e questo aggiornamento costerà circa 300 euro l’anno in più per ogni veicolo in uso. Una misura, peraltro, in palese contraddizione con i disagi, consistenti e drammatici, determinati dal comportamento di Autostrade per l’Italia nella gestione della rete autostradale di sua competenza. Sono note le criticità accertate e già sanzionate dall’Agcm (Autorità Garante della concorrenza e del mercato), che provocano gravi danni alle imprese di trasporto e al sistema economico del nostro Paese in generale. I maggiori tempi di percorrenza fanno aumentare ulteriormente i costi di esercizio oltre a peggiorare la qualità della vita degli autisti. Il risultato è che i pedaggi autostradali e il rifornimento per un veicolo pesante nel corso di quest’anno incideranno mediamente per 10.300 euro in più sulle casse delle aziende di autotrasporto. Questa situazione richiede perlomeno un intervento immediato che sia in grado di riportare il prezzo del gasolio alla pompa al livello medio europeo”.

Questo il testo della lettera inviata al Ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti, Sen. Matteo Salvini:

Egregio Ministro, facendo appello alla Sua conclamata attenzione mostrata nei riguardi dell’autotrasporto e da ultimo ribadita, a chiare lettere, nell’incontro con le associazioni di categoria dello scorso 14 dicembre, è nostra intenzione trasmetterle un messaggio fermo ma, assieme, di assoluta apertura: procedere alla eliminazione dello sconto sulle accise è risultata una decisione politica incauta, cui è tuttavia possibile arrecare immediato rimedio. A giudizio di CNA Fita, infatti, le conseguenze di una tale scelta non sono state adeguatamente valutate alla luce della complessità dello scenario globale. L’ipotizzabile vantaggio competitivo derivante dalla flessione delle quotazioni internazionali della materia prima greggio è stato, nei fatti, azzerato dal parallelo incremento dei costi di produzione, senza contare l’embargo imposto alle esportazioni di petrolio russo. 

Tradotto: dal 1° gennaio 2023 il prezzo alla pompa del carburante è tornato a crescere in maniera considerevole, nella esatta misura della accisa reintrodotta più la corrispondente quota d’Iva, in virtù del noto fenomeno della cosiddetta translazione dell’imposta. Sul piano effettuale, l’evidenza dei costi sociali ed economici prodotti dal rincaro dei prezzi al dettaglio non può essere trascurata. Il risvolto (di segno negativo) provocato dal rigore di Governo, cui sommare quello amplificatore generato dall’Iva, ha finito col colpire i consumatori, a cominciare dal maggior onere ricadente in capo ad artigiani ed imprese dell’autotrasporto. Tant’è vero che, valori dei prezzi alla mano, rispetto ai primi giorni del 2022, una impresa di autotrasporto spenderà, in media, per il rifornimento di gasolio al costo corrente, circa 10.000 euro in più l’anno per ogni veicolo pesante nella sua materiale disponibilità. 

Il che può voler dire, a livello aggregato, un ulteriore passo verso la stagflazione della nostra economia, considerato il possibile innesco di tendenze recessive quanto al pratico svolgimento delle attività economiche legate alla filiera del trasporto e di non secondarie dinamiche di rincorsa inflazionistica dei prezzi. 

Per le ragioni ora dette, è doveroso invertire al più presto la direzione di marcia. Siamo ben consci che all’origine della attuale situazione v’è la riluttanza della Commissione europea ad assumere, nel campo delle energie fossili, una forte iniziativa di raccordo, di modo da fare sintesi dei convincimenti propri dei singoli Stati membri. A latitare, in altre parole, è la definizione di una strategia unitaria. Ne è pertanto scaturito l’eterogeno apprestamento di misure nazionali di contrasto al caro-carburante, tarate in ragione degli spazi di bilancio. Pratica, questa, che ha finito col penalizzare il nostro Paese, più di altri condizionato da esigenze di equilibrio dei conti pubblici. 

Sta di fatto, però, che la calmierazione dei prezzi del carburante rimane un intervento di primaria importanza per chi fa impresa, se si vuole assicurare un po’ di ossigeno ad un settore – quello trasportistico – attanagliato dall’imperversare di variabili estrinseche, prima fra tutte il perdurare di una fase di eccezionale stabilizzazione al rialzo dei prezzi medi di gasolio, benzina e GPL. Appare dunque urgente reperire le risorse finanziarie necessarie, al fine di offrire adeguata copertura alla previsione di un efficace meccanismo di taglio delle accise. Deve trattarsi, infatti, di una misura di ribasso dei prezzi giocoforza temporanea, utile a controbilanciare l’ascesa congiunturale del costo del carburante, ragionando, in prospettiva, su un avvicinamento strutturale delle accise domestiche alla media europea. 

Il che non equivale a pregiudicare la buona riuscita delle politiche di riduzione delle emissioni climalteranti ovvero orientate alla sostenibilità delle fonti di approvvigionamento energetico, attesa la transitorietà dell’intervento. Né, tanto meno, sottrae al gettito erariale risorse in astratto destinabili alle fasce più deboli della popolazione, posto che il contenimento delle accise favorirebbe in primis famiglie meno abbienti e imprese dimensionalmente più piccole, le quali – è ragionevole desumere – rientrano fra i soggetti aventi maggiori difficoltà nel trovare reali alternative nel trasporto pubblico (famiglie) e nel sostituire i veicoli più datati (famiglie e imprese). 

Gli operatori dell’autotrasporto esigono dunque una soluzione concreta alle richiamate criticità. Anche perché, le complessità di contesto in cui agiscono ha registrato, nell’ultimissimo periodo, un sovrappiù di segnali preoccupanti. Per prima cosa, a dispetto di una gestione tutt’altro che efficiente tendente a ripercuotersi, in negativo, sulla velocità commerciale media del nostro sistema infrastrutturale, l’avvio del nuovo anno ha recato con sé ingiustificati aumenti di pedaggio praticati da Autostrade per l’Italia, concessionaria della più gran parte delle tratte autostradali della Penisola. Questo significa un aggravio di costi per i bilanci di una impresa del trasporto stimabili in circa 300 euro in più l’anno per ogni mezzo pesante. Ma non è tutto. Ulteriori maggiorazioni si annotano, da almeno due anni, sulle tariffe applicate dalle società di traghettamento per le isole maggiori. In altri termini, Sicilia e Sardegna hanno visto approfondite le fratture derivanti dalla condizione di insularità, con grave perturbamento per le rispettive economie regionali. 

Egregio Ministro, per i motivi sopra espressi, CNA Fita, organizzazione datoriale fra le più rappresentative del settore, chiede al Governo di poter intervenire con tempestività, allo scopo di sciogliere i nodi indicati. A corredo degli argomenti trattati, alleghiamo, inoltre, un documento di analisi con numeri, statistiche e proposte. 

Certi della Sua sensibilità, cogliamo l’occasione per rinnovarle i migliori auguri di buon lavoro. 

Molto cordialmente.

Patrizio Ricci - Presidente Nazionale CNA Fita