Novara - Niente panico e più attenzione ai fondamentali dell’economia reale e del sistema bancario italiano, che sono solidi. Secondo il vicepresidente del Banco Popolare, il novarese Maurizio Comoli, per superare le tensioni che stanno caratterizzando in questi mesi i mercati finanziari si deve ridurre il livello di “percezione del rischio” che penalizza a livello internazionale il nostro Paese e le sue banche.
«L'Italia – ha spiegato Comoli intervenendo all'ultima riunione conviviale del Rotary Club Val Ticino di Novara – è la quinta nazione al mondo per esportazioni dopo Cina, Giappone, Corea del Sud e Germania. Ha poche grandi aziende, ma una miriade di piccole e medie imprese e 100 distretti industriali che costituiscono una garanzia di solidità e di qualità per la nostra struttura economica. In questo periodo siamo oggetto di un attacco speculativo e ogni piccola “defaillance” viene amplificata. Ma i fondamentali delle banche e della nostra struttura industriale sono buoni. Se ogni attore sulla scena economica e politica farà la sua parte, da questa situazione usciremo rafforzati».
L’intervento di Comoli al Rotary Club Val Ticino, intitolato “Situazione dei mercati finanziari e ruolo delle banche di territorio”, è iniziato con una panoramica sulle cause della prima grande crisi finanziaria del nuovo millennio, iniziata nell'aprile 2007 con i mutui subprime e amplificatasi fino all’autunno del 2008, quando il fallimento di Lehman Brothers ha comportato una generalizzata sfiducia nei confronti del sistema bancario (e, al suo interno, tra singole società) che si è poi diffusa nell'economia reale.
«Oggi – ha aggiunto Comoli – i valori di mercato di molti istituti di credito sono più o meno simili a quelli di tre anni fa, e i titoli “tossici” che sono stati svalutati nei bilanci delel grandi bache, soprattutto straniere, sono pari a oltre tremila miliardi di dollari. I valori intrinseci delle banche, soprattutto di quelle italiane, che hanno sempre evitato operazioni speculative di grande impatto, sono però completamente sganciati dai loro prezzi di borsa. La politica monetaria attuata per uscire dalla crisi è stata quella di abbassare i tassi per far ripartire l'economia, ma non è stata risolutiva perché non ha porato con se una forte ripresa dei consumi. Gli Stati Uniti hanno solo 5% il della popolazione ma il 40% dei consumi mondiali, da cui dipende la solidità della ripresa».
La seconda parte dell’intervento del banchiere novarese è stata dedicata alla particolare attenzione che i mercati finanziari stanno dimostrando nei confronti dello “stato di salute” dei debiti sovrani, cioè della effettiva capacità degli Stati di rimborsare il proprio debito pubblico nei tempi previsti dai titoli obbligazionari da loro emessi. «Da marzo 2011 – ha proseguito Comoli – abbiamo assistito a straordinarie tensioni sui titoli di stato di Irlanda, Grecia, Portogallo e Italia. Il benchmark è sempre la Germania, con il suo “bund” a 10 anni, e la crescita dello spread, cioè del differenziale tra il suo rendimento e quello di uno degli altri Paesi presi a confronto, a parità di condizioni, comporta la necessità, per quest’ultimo, di reperire nuove risorse economiche soltanto per pagare l’aumento dei relativi interessi. Lo Stato italiano ha 1,9 trilioni di debiti, per cui riuscire a essere considerato un debitore “affidabile” sulla scena finanziaria internazionale comporta il risparmio di somme ingenti di interessi».
Secondo Comoli, però, nel computo del debito di un Paese vanno inseriti anche i debiti dei privati. «Nel caso delle famiglie italiane, la ricchezza finanziaria è pari a 1,7 volte il nostro prodotto interno lordo, mentre in Germania è pari a 1,15 volte rispetto al Pil e in Francia a 1,17. Lo stock del nostro debito, inoltre, è allineato a quello delle altre economie europee: oggi è al 119% rispetto al Pil, ma se si calcola anche il debito privato la situazione è meno grave di quanto sembri».
«In questo contesto – ha concluso Comoli – le banche italiane si trovano di fronte a una situazione complessa, dovendo far fronte alla svalutazione dei titoli di debito pubblico che hanno in protafoglio. Ma se continueranno ad applicare un modello di business “prudenziale” e concretamente a sostegno del territorio e del suo sviluppo, pur dovendo fare fronte a una ripresa degli utili caratterizzata da una minore forza e velocità rispetto a chi opera in modo più spregiudicato, riusciranno a superare anche questa crisi».