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FRANCESCO CHIODELLI A SENTIERI URBANI

«DIVERSE FORME DI ILLEGALITÀ COMPONGONO UN DISEGNO»

Novara - «Un grande racconto del fallimento di una parte del nostro Paese nel costruire e nel regolare la crescita urbana dagli anni Cinquanta a oggi». È il nucleo centrale della riflessione proposta dal professor Francesco Chiodelli, docente di Geografia economica e politica all’Università di Torino, in dialogo con l’architetto Giovanni Gramegna. Nella chiesa di San Giovanni Decollato a Novara martedì 22 ottobre il terzo incontro del ciclo “Sentieri urbani” nel segmento “La città”, promosso dall’Ordine degli Architetti PPC delle Province di Novara e del VCO attraverso la Commissione Formazione. Al centro del dibattito il libro di Chiodelli dal titolo “Cemento armato. La politica dell’illegalità nelle città italiane” (Bollati Boringhieri). «Un volume non tenero – ha detto Francesco Bosco, consigliere e referente della Commissione Formazione, aprendo l’incontro -, che parla di affari e speculazione. Ecco l’invito rivolto alle persone non legate all’architettura: è l’obiettivo del ciclo». Nella sua puntuale introduzione l’architetto Giovanni Gramegna ha fatto il quadro, presente ma con un occhio al futuro, della situazione a Novara, tra insediamenti logistici e centri commerciali, auspicando «una pianificazione che funzioni correttamente». Quella di Chiodelli è «una lettura molto stimolante, è il racconto di tanti episodi di illegalità nelle nostre città. Pratiche illegali e legali stiamo distruggendo il Paese». Poi la parola al relatore. «Il titolo è un gioco di parole che allude a una storia molto italiana. Cemento armato nel senso di pistole, fucili e armi con cui si muove la criminalità organizzata che è una degli attori del libro. Cemento armato quale mezzo per ottenere alcuni fini da parte di soggetti politici, burocratici ed economici per obiettivi autointeressati. Ecco il sottotitolo. Non è un libro accademico. Nasce dopo dieci anni di ricerca empirica per raggiungere più persone possibili. Un volume discorsivo e non facilissimo da leggere. Viene dall’accademia ma vuole parlare a un pubblico non accademico. È composto da sei capitoli verticali e ognuno affronta un tema di illegalità autoconcluso. Sono storie eclatanti come lo stadio di Roma e anche storie minute: dal caso di Brescello con l’infiltrazione della ‘ndragheta alla storia immobiliare, dalle occupazioni abitative abusive all’utilizzo irregolare di edifici e luoghi di culto. E non solo nel sud Italia. La criminalità organizzata è arrivata anche in Lombardia e in Piemonte. Ecco un altro obiettivo, scardinare mappe mentali. La tesi di fondo è che diverse forme di illegalità pur indipendenti compongono un disegno. E raccontano il fallimento di una parte del nostro Paese nel costruire e regolare la crescita urbana dal Cinquanta ad oggi. I colpevoli sono politici, professionisti, classi intellettuali. Sono questioni rimosse dal dibattito pubblico, mai al centro delle campagne elettorali. È il problema strutturale di un Paese che se ne occupa in modo marginale. Ma prima di risolverlo va riconosciuto».