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La gestione dei gruppi mediante il Team Management

Gabriele Gaggiottini

Novara - Conoscere meglio se stessi per conoscere meglio gli altri e sviluppare le loro caratteristiche e attitudini, creando un “team” aziendale il più possibile coeso e orientato al risultato, attraverso una logica sinergica e collaborativa che sappia valorizzare le differenze individuali. È stato questo lo scopo del seminario residenziale intitolato “La gestione dei gruppi mediante il Team Management”, organizzato venerdì 16 e sabato 17 novembre 2012 dal Comitato per la Piccola Industria dell’Associazione Industriali di Novara a Costigliole Saluzzo (Cn).

Alla due-giorni di lavori hanno preso parte 24 persone, tra imprenditori e manager di aziende aderenti all’Ain, che si sono confrontati in modo dinamico e interattivo sugli spunti forniti da Gabriele Gaggiottini (professionista della formazione che da oltre 23 anni tiene corsi e laboratori in tema di Management e organizzazione, Marketing e vendite, comunicazione e relazioni interpersonali, Empowerment e gestione delle risorse umane), con il supporto di Gianluca Tescione, del Gruppo CS, società specializzata in formazione ed Empowerment.

Attraverso una metodologia innovativa, elaborata coniugando la teoria dei “tipi psicologici” di Carl Gustav Jung con i più importanti sistemi di analisi delle organizzazioni, il relatore ha illustrato attraverso quali strumenti sia possibile raggiungere un effettivo miglioramento nella coesione dei gruppi di lavoro e, conseguentemente, nell’efficienza e nella produttività aziendali.

«Più l’individuo conosce se stesso e le proprie caratteristiche, a livello psicologico come a livello socio-organizzativo – ha spiegato Gaggiottini (nella foto) – più aumenta la sua abilità di creare un team ad alta produttività. Più numerosi sono i team ad alta produttività, più aumenta la probabilità di creare un’azienda ad alta produttività. La corretta gestione delle risorse umane è quindi una strategia vincente e il manager ha la responsabilità di conoscere meglio se stesso se vuole riuscire a creare un team ad alta produttività».

Rispondendo a domande molto concrete poste inizialmente dai partecipanti (quali, ad esempio, “come gestire il team in un'azienda di famiglia in cui i collaboratori non sono scelti dal management ma ‘imposti’ dai rapporti di parentela?”, o “quanto il mio punto di vista e i miei ‘pregiudizi’ possono influenzare il mio atteggiamento nei confronti di un collaboratore”?) il relatore ha portato i presenti a riflettere su quanto sia importante conciliare, per quanto possibile, la “preferenza lavorativa”, cioè l’insieme delle attività che sono più affini alle caratteristiche psicologiche, alle competenze e alle capacità di ciascuno, con il ruolo, le funzioni e le responsabilità da questi effettivamente ricoperte in azienda.

«Uno dei valori-chiave del mondo produttivo – ha aggiunto Gaggiottini – è quello della competizione. Ma ciò va bene se questo principio, pur con la dovuta attenzione all'etica, viene portato all'esterno della realtà aziendale. Al suo interno, invece, questa modalità di approccio può presentare delle criticità, perché la collaborazione e la cooperazione devono essere gli elementi-base della vita aziendale. Un buon manager si deve quindi chiedere se non sia il caso di mettere a fattor comune le competenze presenti nel suo team, attraverso la conoscenza reciproca di funzioni e ruoli ma anche di caratteri, personalità, competenze, aspirazioni e ambizioni dei singoli».

Il problema, in qualsiasi struttura organizzativa, è infatti quello della positiva gestione della “diversità” tra le persone e i rispettivi ruoli, che deve essere conseguita secondo una logica di cooperazione e trasversalità e attraverso una reale condivisione degli obiettivi. «La sinergia – ha detto il relatore – è moltiplicatoria, non sommatoria, e per ben gestire i team sono necessarie competenze di vario genere, tra cui l’intelligenza emotiva, l’esperienza, l’empatia, la leadership e la comprensione delle diversità».

Dopo l’analisi delle otto “funzioni lavorative” che devono essere sempre presenti in ogni team che voglia ottenere dei buoni risultati (“consigliare”, “innovare”, “promuovere”, “sviluppare”, “organizzare”, “produrre”, “verificare” e “mantenere”) e per favorire il cui sviluppo «è fondamentale osservare gli altri e cercare di fare in modo che facciano ciò che fanno con passione e non solo per dovere», Gaggiottini ha definito le quattro “aree comportamentali” del lavoro manageriale (relazioni interpersonali, informazioni, decisioni e organizzazione del lavoro) e caratterizzato nel dettaglio le quattro “coppie comportamentali” mutuate dalle caratteristiche di base della personalità di ogni individuo e che sono presenti in ognuna di esse, seppure in modo elastico e interattivo, condizionando il comportamento delle persone nello svolgimento del proprio lavoro: “estroverso/introverso”, “pratico/creativo”, “analitico/basato sui principi” e “strutturato/flessibile”.

Dall’analisi dei “profili” individuali, e delle possibili “zone vuote” che, all’interno di ogni team, devono essere colmate per migliorarne le performances, è emerso come sia importante comprendere l'adeguatezza o meno di un particolare “tipo”, o comportamento, rispetto alla situazione e/o al ruolo che viene richiesto di svolgere e quanto ogni imprenditore o manager debba cercare di individuare correttamente il profilo, caratteriale e professionale, di ciascun collaboratore e di conseguenza, per quanto possibile, assegnargli un compito che sia adeguato alle sue sensibilità, oltre che e capacità.

«Si deve sempre ponderare l'adeguatezza dei profili in base alla situazione operativa al cui interno essi si devono esprimere – ha precisato Gaggiottini – conciliando sempre competizione e cooperazione e sapendo che quest’ultima “impatta” inevitabilmente con la diversità di ruolo, funzione e personalità. Rispettare e gestire le diversità caratteriali e attitudinali dei singoli è una condizione fondamentale per lavorare meglio in team; ma per gestire bene la diversità bisogna conoscere bene se stessi e gli altri, utilizzando l'intelligenza emotiva come capacità di auto-osservarsi e osservare gli altri».

Ogni imprenditore o manager che ha la responsabilità della gestione e del coordinamento di altre persone deve quindi avere le caratteristiche del “linker”, che è “colui che collega”, comprendendo le specificità dei vari ruoli e cercando di mediare tra i differenti punti di vista e profili psicologici dei collaboratori che li ricoprono. «Non si tratta – ha concluso – di una “preferenza lavorativa”, ma di un'abilità che deve possedere ogni “team-leader” e che si esprime attraverso 11 caratteristiche, le quali vanno sviluppate e potenziate attraverso un impegno costante».

Positivo è stato il feedback da parte dei partecipanti, che al termine di un confronto di gruppo hanno giudicato “applicabile” in azienda una metodologia che tende a far comprendere come ogni diversità possa essere valorizzata e come sia importante, per ognuno, effettuare un percorso di autoanalisi attraverso gli strumenti forniti, ma anche “diffondere” queste metodologia ai propri collaboratori per fare in modo che ci sia più attenzione, in generale, al rapporto fra le persone e le rispettive funzioni.

«Nonostante le differenze che caratterizzavano le realtà professionali delle persone presenti al corso – sintetizza il presidente del Comitato per la Piccola Industria dell’Ain, Carlo Robiglio – è stata condivisa la necessità di non avere paura del confronto né della diversità e di tener conto che, soprattutto nelle piccole imprese, dietro ogni ruolo si deve sempre prendere in considerazione la personalità di chi lo ricopre, al fine di ottimizzare la produttività generale. In qualsiasi funzione aziendale, come in ogni struttura organizzativa, insomma, il “saper fare” va sempre conciliato con il “saper essere”».