Novara - Errori burocratici, rimpallo di competenze, programmi informatici che tracciano realtà virtuali, in alcuni casi inesatte ma impossibili da correggere e i contribuenti (nel caso, agricoltori) pagano le conseguenze. A denunciare un caso di cattiva burocrazia è Cia Novara Vercelli VCO, che sta seguendo le istanze di alcuni soci in merito ad un problema di dichiarazioni catastali e loro variazioni.
Secondo una legge del 2006 l’Agenzia delle Entrate riceve da Agea, attraverso le domande PAC, informazioni sulle variazioni delle qualità colturali rilevate dai fascicoli aziendali dei produttori. Se in un terreno conosciuto a catasto come prato, si semina il mais e si richiede la Pac, lo stesso terreno è riclassificato come seminativo. La procedura è la seguente: Agea riceve la domanda PAC dell’agricoltore, se rileva la variazione di classificazione catastale (un prato che diventa seminativo) comunica il tutto all’Agenzia delle Entrate che provvede a variare l’imponibile fiscale in aumento.
Nel caso seguito da Cia, che riguarda una fascia di Comuni a nord di Novara, numerosi terreni sono stati definiti irrigui, con un conseguente aumento dell’imponibile fiscale. Siccome i terreni continuavano a essere non irrigui, nonostante la nuova classificazione di Agea e Agenzia Entrate, Cia ha provveduto a correggere sul fascicolo aziendale questa definizione per correggerla l’anno seguente, ma gli aggiornamenti sui terreni (dichiarati nel 2022 “non irrigui”) non sono stati presi in considerazione, da nessuno degli Enti cui la comunicazione è stata indirizzata (Agea e Agenzia Entrate). L’agricoltore ha seguito un’altra strada prevista per legge e ha comunicato, con procedura ordinaria e con relazione tecnica, che i suoi terreni “irrigui” non erano e non lo sono, purtroppo, mai stati. Nemmeno per vie ordinarie il problema si è risolto. Sono ormai trascorsi due anni e mezzo e ancora non si è rimediato all’errore nonostante il contribuente abbia fatto tutto il necessario.
Cia ha assistito il socio vittima di un errore burocratico che secondo il direttore interprovinciale Cia Daniele Botti «rischia di diventare irrisolvibile perché segue una logica frustrante, almeno per chi la subisce. In questo caso l’errore è stato originato da un programma informatico che, sulla base di input a noi sconosciuti, ha stabilito di definire “irrigui” terreni che irrigui non lo sono mai stati. Correggere quello che un programma e un computer hanno erroneamente stabilito dovrebbe essere, grazie all’intervento umano, semplice e immediato. Purtroppo, qui sta la mia frustrazione, cosi non è. Spesso ci sentiamo rispondere che se il programma ha stabilito (virtualmente) erroneamente un fatto, questo fatto, pur se errato, diventa realtà. Cose da non credere: continuiamo a lavorare per correggere queste distorsioni ma a costi davvero insopportabili che non si possono addebitare ai responsabili ma restano sulle spalle di chi li subisce. È una vergogna».