Borgomanero - Il deputato Daniele Galli ha incontrato questa mattina i rappresentanti di diverse associazioni di cacciatori piemontesi, che si sono visti negare il diritto di esercitare uno sport per cui hanno pagato (in anticipo) fior di tasse provinciali, regionali e governative. Il Piemonte è l’unica regione italiana in cui la caccia non si aprirà come di tradizione a metà settembre: un ricorso al TAR ne ha infatti ottenuto la sospensione. Galli sostiene il buon diritto dei cacciatori a praticare un’attività che viene bloccata per colpa di una serie di inadempienze della Regione, almeno a detta dei ricorrenti al TAR. “ La questione piemontese – dichiara Galli – è sintomatica non solo dell’intolleranza verso la caccia, un diritto riconosciuto da leggi nazionali, ma soprattutto dell’incapacità della Giunta regionale di predisporre coerentemente il calendario venatorio secondo le regole. Nemmeno la Giunta Bresso, che pur governava con verdi e ambientalisti, era riuscita a bloccare la caccia, cosa in cui è riuscita benissimo l’attuale maggioranza. Anche il nuovo calendario predisposto in tutta fretta da una regione, che mostra palesemente i propri limiti funzionali, non è certo immune da ulteriori strali e ricorsi di ambientalisti armati di richiesta di sospensione.
Il danno fatto ai cacciatori non è solo morale, ma anche economico, visto che i 30.000 piemontesi pagano una tassa regionale di più di 2.000.000 di euro, una tassa governativa di circa 5.000.000. e 3.000.000 alle ATC provinciali, a stagione. Se le doppiette tacciono il danno economico sarebbe ben più alto di quanto immaginabile, coinvolgerebbe il comparto degli allevamenti di selvaggina (già, i fagiani e le lepri cacciati sono allevati né più né meno come i vitelli), quello delle aziende venatorie, quello delle armerie e di tutto l’indotto. I cacciatori, cui viene sottratto qualcosa che hanno pagato in anticipo, hanno tutto il diritto di chiedere un risarcimento alla Regione per il danno che ha causato con la sua pessima condotta.
Bisogna anche smettere di criminalizzare la caccia, come pare sia la principale attività di associazioni che poco o nulla sanno dell’attività venatoria. Il cacciatore non è il bruto belluino dedito alla distruzione dell’ambiente, tra l’altro è bene ricordare che c’è molta più sportività nella caccia che nella macellazione rituale, per sgozzamento e dissanguamento, una pratica di barbarie contro gli animali che permettiamo in Italia e contro cui gli animalisti non muovono un dito”.