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Cartelli in novarese: dichiarazioni di Arnoldi e Turchelli

Novara - Isabella Arnoldi e Paola Turchelli: entrambe donne, entrambe molto intelligenti ed entrambe con 'voce in capitolo' nei 'palazzi che contano'. Ecco la loro posizione sul caso 'cartelli di Novara' in dialetto recentemente rimossi dall'Amministrazione Ballarè.

Arnoldi (Ncd - opposizione): "Oggi Consiglio comunale a Novara. Fra i tanti temi si discute di una petizione popolare, che ho avuto l'onore di presentare, per salvaguardare la lingua locale. Il dialetto insomma... (abbiano pietà di me i puristi). L'iniziativa nasce a seguito dell'antipatica presa di posizione dell'amministrazione Ballarė che ha rimosso i cartelli con la scritta "Nuara" alle porte della città, facendosene inopportuno vanto. Noi al contrario proponiamo un progetto culturale importante per salvaguardare le nostre tradizioni locali... Senza simboli di partito o etichette... semplicemente cittadini che non vogliono dimenticare o rimuovere le proprie radici... semmai valorizzarle...".

Molto più articolata la posizione dell'attuale assessore alla Cultura: "Qualche mese fa ho avuto modo di partecipare ad un convegno molto interessante, realizzato nell’auditorium della BpN su iniziativa dell’associazione Novaresi Per, che riunisce tutti coloro che negli anni sono stati proclamati “Novaresi dell’anno”, associazione di cui il sindaco è presidente. Una serata davvero interessante che ha avuto come ospite d’onore Carlin Petrini, fondatore di Slow Food e grande cultore delle tradizioni e delle “radici”. Tema: l’identità novarese. Un tema che è stato affrontato con ampiezza di argomenti e di testimonianze, a partire da una ricerca svolta dalla Università del Piemonte Orientale ora pubblicata in un volume dal titolo “Narrare la città”. Un libro di cui consiglierei a tutti la lettura. Non intendo qui riassumerne i contenuti, ma semplicemente citare qualche riga, che a mio parere bene inquadra la discussione che oggi ha occupato la scena del consiglio comunale. Leggo: «Parlando genericamente di novaresità si tende fatalmente a sottolineare una serie di caratteri o tratti identitari che sono in realtà degli stereotipi che si tramandano da una generazione all’altra». E ancora: «Ci chiediamo  cosa sia quella cosa che, con termine vago e convenzionale, chiamiamo “novaresità”. L’inconcludente discussione sulle sue caratteristiche ci pare un un insieme di lodevoli tentativi, o meglio palliativi, che però non colgono i focus del problema». Dico queste cose perché mi pare che l’impostazione dei documenti presentati alla discussione del Consiglio comunale – come della polemica alimentata intorno alla scelta di eliminare gli ormai famosi cartelli stradali – sia preda proprio di questo genere di stereotipo. Perché si tende, cercando di stigmatizzare le scelte della nostra amministrazione, a confondere la rimozione di un cartello dialettale con un attacco all’idea stessa dell’identità novarese. Identità che, invece, ha radici e ramificazioni molto più ampie e articolate. Perché, ad esempio,  come la stessa ricerca dell’Università del Piemonte Orientale spiega molto bene, c’è almeno un 20 % di persone che vivono a Novara da decenni, che si sentono e sono pienamente appartenenti all’identità novarese, ma che parlano abitualmente un dialetto di origine meridionale. Quando abbiamo deciso di rimuovere i cartelli “Nuara”, non pensavamo certo al tema identitario che è stato artificiosamente introdotto nel dibattito. Noi volevamo rimuovere, e abbiamo rimosso, un segno di quella che giudichiamo essere stata per anni una strumentalizzazione a fini politici dell’identità locale. Una strumentalizzazione evidente. Perché non credo chi a suo tempo pose quei cartelli intendesse seriamente pensare di affidare a  tredici piccoli tabelloni di lamiera la tutela e la valorizzazione dell’identità  novarese. Quei cartelli erano altro. Erano la proiezione istituzionale degli adesivi della “Repubblica del Nord” o della “Padania”. Per questo li abbiamo rimossi e siamo convinti di avere fatto bene, come peraltro moltissimi cittadini ci hanno sottolineato, approvando la nostra decisione e invitandoci a non cambiare idea. Chi segue la strada di questa strumentalizzazione non fa un buon servizio alla tradizione e alla cultura novarese. Cosa che invece noi cerchiamo caparbiamente di fare. Abbiamo dedicato e dedichiamo una attenzione specifica al tema della valorizzazione anche del dialetto e delle sue diverse forme espressive. Lo facciamo in stretta collaborazione con le associazioni e le realtà che il dialetto lo tengono vivo e lo studiano. Sono stati molto numerosi gli eventi realizzati con la collaborazione del comune da diversi soggetti: dieci eventi nel 2012, quindici nel 2013. Nella biblioteca civica la riapertura della sezione novarese grazie alla collaborazione di volontari, ha permesso una maggiore accessibilità a tutta la dotazione libraria dialettale, alle opere dei poeti e degli studiosi. Quindi sul tema specifico della valorizzazione del dialetto non credo di poter ricevere lezioni da nessuno. Ma sono peraltro convinta che la tutela dell’identità, della storia e della tradizione della città, non  passi in via esclusiva attraverso la “questione dialettale”, ma, al contrario, attraverso una miriade di iniziative,  attraverso un progetto culturale i cui contorni sono ormai evidentissimi a tutti e che si sta affermando anche livello nazionale. Ne voglio citare solo due. Penso a quanto abbiamo fatto e stiamo facendo per riqualificare e promuovere il nostro patrimonio di beni culturali, a cominciare dalla Cupola che è il simbolo in senso assoluto, della nostra città. Penso allo sviluppo senza precedenti dato alla festa patronale di Sam Gaudenzio, cuore vero e profondo dell’identità cittadina. Iniziative importanti, che davvero valorizzano, tutelano e promuovono l’identità profonda dei novaresi, anche di quelli che magari parlano con accento calabrese o napoletano. Molto più che un cartello di latta".