Novara - Dopo tre anni di lavoro, due dei quali dedicati ad analizzare cause ed effetti della crisi economica in corso, la Scuola di politica “Imparare Democrazia” di SerMais giunge al suo quarto anno di attività. Se fin qui molta dell’attenzione della Scuola è stata rivolta a meglio comprendere cause ed effetti delle scelte politiche che hanno in un qualche modo generato o contaminato l’attuale crisi economica, il nuovo anno sociale si aprirà andando ad indagare le storie e le esperienza di chi ha avuto il coraggio di resistere e di mettere in campo nuove strategie innovative. La disoccupazione è un dato oggettivo, ma guai a chi ne sostenga l’ineluttabilità: c’è chi un nuovo lavoro lo sta letteralmente producendo.
Le chiamano start-up. Imprese giovanili, essenziali nell’organico e leggere nella struttura, capaci di attrarre investitori perché dotate di un prodotto raro: la creatività applicata all’innovazione tecnologica. Molte falliscono prima di dare alla luce il proprio business, ma fa parte del gioco. Altre indovinano il mercato e chiudono contratti milionari con la Silicon Valley. Nel mezzo c’è chi quotidianamente inventa, migliorando come possibile la vita di chi lo circonda.
L’Italia sta rispondendo a questa nuova sfida, nonostante la cifra degli investimenti (pubblici e privati) in questo campo sia di molto inferiore a quella stanziati in altri paesi dell’Ue. Proprio nel corso dell’ultimo week-end si è conclusa la prima edizione italiana del MakerFaire, una quattro giorni internazionale dedicata al mondo dei maker e di tutte le start-up creative; “la Woodstock dell’innovazione” come la definita Riccardo Luna, giornalista di Repubblica ed ex direttore della rivista Wired. Non solo start-up di servizi, però; c’è chi ha scommesso sul ritorno alla manifattura particolare, “customizzata” e arricchita da una collaborazione oggi matura con le nuove tecnologie. Sono nati così i FabLab, delle vere e proprie palestre per inventori, laboratori di creatività e piccole botteghe. L’Economist le ha definite come l’anticamera della “Terza Rivoluzione industriale”.
Il We Do FabLab di Fontaneto d’Agogna appartiene a questo movimento e rappresenta il primo tentativo nel Novarese di accodarsi a questa esperienza globale e collettiva, nel tentativo di creare un nuovo rapporto con le “cose” e, perché no, anche un nuovo modello lavorativo.
Ci confronteremo su questi e altri temi con Domenico Rao, uno dei fondatori dell’esperienza alessandrina di networking lavorativo Lab121, e Giovanni Campagnoli, direttore della cooperativa Vedogiovane.
Appuntamento per martedì 15 ottobre, alle ore 21.00, presso la Barriera Albertina in Largo della Costituente a Novara.