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Novara - L’Ordine dei medici chirurghi e degli odontoiatri ha incontrato l’assessore regionale Augusto Ferrari e il consigliere regionale (nonché vice-presidente della commissione sanità) Domenico Rossi per discutere della riorganizzazione della rete ospedaliera varata dalla Giunta Chiamparino. Il presidente dell’Ordine, dott. Federico D’Andrea, ha introdotto l’incontro illustrando le ragioni per le quali l’ospedale “Maggiore” rischia il collasso (mancanza di spazi, insufficienti risorse, carenze di personale) nonostante sia il secondo nosocomio piemontese e sia stato confermato quale punto di riferimento del Piemonte nord-orientale. Gli altri membri del direttivo hanno aggiunto le loro preoccupazioni, che si possono sintetizzare principalmente in due questioni: l’equilibrio tra strutture a direzione ospedaliera e a direzione universitaria al “Maggiore”, la riduzione di 80 posti letto all’ospedale di Borgomanero. «Il tutto – ha detto D’Andrea – mentre si vuole porre un freno alla mobilità passiva verso la Lombardia, nei confronti della quale il Novarese dovrebbe fare da baluardo».
Sullo sfondo, ovviamente, la questione del nuovo ospedale. «E’ evidente che l’avere al “Maggiore” l’Università è una risorsa – ha affermato l’assessore Augusto Ferrari – ma perché si possano avere i dovuti benefici occorre che vi sia un giusto equilibrio tra le due componenti. E questo, mi pare, è un nodo che deve essere sciolto al più presto. Così come mi pare che vada riconsiderata la riduzione dei posti letto all’ospedale di Borgomanero: quell’area della provincia “ha già dato” con la recente chiusura dell’ospedale di Arona e la sua trasformazione in Cap. Il risultato è che il numero dei posti letto in quella zona è già stato ridotto abbondantemente».
Domenico Rossi (che ha promosso l’incontro pubblico del 19 dicembre, ore 14,30 auditorium del “Bellini”, alla presenza dell’assessore alla sanità Antonio Saitta) ha ricordato come «ho voluto confrontarmi con l’Ordine dei medici perché è evidente che la delibera di riorganizzazione della rete ospedaliera è stata adottata in fretta e senza prima consultare i vari territori perché occorreva dare un’immediata risposta a Roma. Ora è il momento di ascoltare chi lavora ogni giorno sul territorio e può dare le proprie indicazioni per migliorare il sistema sanitario piemontese».