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Riorganizzazione dei Punti Nascita: la soddisfazione dell'on. Mancuso

Novara - “La risoluzione relativa alla riorganizzazione dei punti nascita è frutto di un biennio intenso di lavoro della Commissione Parlamentare di inchiesta sugli errori in campo sanitario e sulle cause dei disavanzi regionali, di cui sono appena entrato a far parte, prendendo il testimone del collega dimissionario Di Virgilio – ha dichiarato l’Onorevole Gianni Mancuso, già Segretario della XII Commissione parlamentare Affari Sociali e Sanità - Le cronache degli ultimi anni e le analisi formulate da esperti e istituzioni disegnano da tempo il quadro di un paese che nel suo complesso, e soprattutto nel Mezzogiorno, presenta un numero molto grande, a volte addirittura eccessivo rispetto alla popolazione interessata, di punti nascita non sempre adeguatamente attrezzati. La risoluzione della Commissione suddivide i punti nascita in tre categorie: la A, che comprende le strutture più piccole e che sono la maggioranza, ben il 72% del totale; la B e la C comprendono le strutture più robuste, con maggior numero di parti/letti/personale e dotazioni. La stragrande maggioranza dei punti nascita in Italia, quindi, è di piccole dimensioni e sovraffatica il resto del sistema, non riuscendo ad essere pienamente efficiente. Le piccole strutture, inoltre – continua Mancuso – inevitabilmente incontrano maggiori casi di morti prenatali o di emergenze sanitarie durante o immediatamente dopo il parto cui non sono completamente in grado di far fronte, pur essendo l’Italia tra i paesi con la minore incidenza di mortalità prenatale al mondo. Questo fa intendere l’opportunità di spingere allo sviluppo le strutture più grandi e maggiormente attrezzate, che sono in grado di meglio accogliere e meglio soccorrere, in caso di emergenza, le madri. Vero è che la distribuzione a livello regionale dei punti nascita risulta quanto mai varia: vi sono Regioni che privilegiano le strutture di classe B e C e Regioni che sono ricche di piccoli ospedali di classe A; nello specifico si rileva che, mediamente, in una struttura di tipo A che effettua circa 30 parti al mese, vi sono circa 8 medici, mentre in una struttura di tipo C, che effettua quasi 290 parti al mese, ve ne sono meno di 25, ma la situazione nazionale pesa in modo eccessivo sulle strutture più piccole. In questo il Piemonte, con la Giunta Cota, sta seguendo la strada corretta, con una razionalizzazione della spesa che spinge allo sviluppo delle strutture B e C. Inoltre, la pressione in aumento esercitata dalle strutture più piccole sul rischio di sofferenza perinatale porta anche ad un eccessivo costo delle assicurazioni sulla responsabilità civile, peraltro rese obbligatorie per tutti i professionisti dal recente decreto Salva Italia; allo stato vi è una sola compagnia che assicura i medici ginecologi e i costi sono cospicui: circa 12.000 € l’anno per un medico che lavora in ospedale e il costo è così elevato perché le compagnie non hanno i dati per stabilire le tabelle di rischio che permetterebbero alle aziende sanitarie di abbassare i premi assicurativi. La nostra risoluzione, quindi – conclude Mancuso - impegna il Governo, tra l’altro, a monitorare i punti nascita sul territorio nazionale accorpandoli ove opportuno e a promuovere la classificazione del rischio al momento del ricovero cui devono seguire specifici “percorsi assistenziali” e, soprattutto, ad adoperarsi per garantire a tutte le donne uguali opportunità nell’accesso ai servizi completi di salute riproduttiva e a incrementare la loro consapevolezza sui loro diritti e sui servizi disponibili. Sono molto orgoglioso che il primo atto della Commissione sugli errori sanitari cui contribuisco sia di così grande contenuto e rilevanza sociale”.