Galliate - Stasera un pensierino di vita vissuta da mio figlio. Appassionato di basket comincia ora a giocare le prime partitelle e a “provare” il senso di squadra. Ma come tutti i bambini di dieci anni in squadra ha amichetti più simpatici e meno simpatici, più bravi e meno bravi.
Ovviamente l’allenatore se ne frega delle antipatie e simpatie e mette in campo una squadra secondo le esigenze della partita.
Cosa accade in partita? Matteo, che è piccolino ma veloce, si smarca subito, ma il suo “amichetto” antipatico, che ha la palla, la passa ad un altro e l’azione sfuma.
Altra azione: stavolta è il mio Matteo ad avere la palla ma anziché passarla al suo amichetto, un po’ cicciotello e goffo, ma libero in mezzo all’area, cerca la soluzione solitaria pensando che il suo compagno non avrebbe mai segnato e perde la palla. Gli avversari ripartono e segnano facile. Sono convinto che questa cosa accade anche tra i più grandi ed in contesti non sportivi. È è normale che nella vita ci sia qualcuno di più simpatico o meno bravo. Ma quando si gioca in squadra e si vuole raggiungere un obbiettivo le nostre antipatie e simpatie devono essere messe da parte.
Si è tutti uguali e chi ha la palla la deve passare a chi è smarcato e può segnare.
Se no si penalizzano i giocatori (che giocano male) e la squadra, che rischia di perdere.
Vale in tutto.
Nella vita, nello sport, nella politica: l’obbiettivo e il risultato sono più importanti delle nostre simpatie e antipatie. Non è il singolo ad essere forte o debole. È la squadra che può decidere se essere forte o debole.
Davide Ferrari