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Silvia Sannino sulla Festa delle Donne

Silvia Sannino

Trecate - Riceviamo e pubblichiamo dalla giovane trecatese Silvia Sannino (Forza Italia Giovani): "Centinaia le donne uccise in Italia a causa delle violenza di genere negli ultimi tempi, in tutta la Penisola, al quale occorre sommare i tentati femminicidi. "La Casa delle donne" di Bologna che come ogni anno, con l'approssimarsi dell'8 marzo, aggiorna la lunga lista delle vittime della violenza domestica. Un dossier unico in Italia che viene compilato spulciando articoli di giornale e notizie uscite sulla stampa, visto che il Viminale non ha ancora approntato un metodo specifico per contare i femminicidi. Leggendo si scopre che il 60% dei delitti è avvenuto nel contesto di una relazione intima tra la vittima e l'autore del reato, relazione che era in corso o appena conclusa. Nel 25% dei casi la donna avevano appena concluso il rapporto amoroso oppure stavano per farlo. Le vittime di femminicidio vengono uccise prevalentemente in casa (63%) e spesso non sono le uniche a soccombere: nel 2012 otto persone, tra le quali anche figli della coppia, sono state ammazzate durante la furia omicida. La maggioranza di questi delitti avviene nelle regioni del Nord: le regioni che contano maggiori femminicidi sono Lombardia, Campania e Emilia Romagna. Moltissime le straniere vittime di violenza domestica: il 31%. Ma è italiano il 73% degli assassini. Con le 124 uccise nel 2012, arriva a 901 il computo delle donne ammazzate dai compagni sentimentali e dagli ex, un numero altissimo, che secondo le associazioni impegnate contro la violenza di genere dovrebbe attirare immediatamente l' ATTENZIONE DELLA POLITICA. Eppure il rapporto della Casa delle donne di Bologna sottolinea l'unico dato positivo, ovvero una maggiore attenzione della stampa nella descrizione dei femminicidi tralasciando, a volte, la solita etichetta “omicidio passionale” che ingenera confusione e non descrive adeguatamente il fenomeno. Soprattutto, si focalizza l' attenzione sui maltrattamenti e le denunce che hanno preceduto il delitto, escludendo il cosiddetto “raptus”: il femminicidio, infatti, raramente è frutto di un accesso d'ira incontrollata ma è soltanto l'ultimo scalino di una lunga escalation. Il fatto che quattro donne su dieci – un dato sicuramente sottostimato perché non sempre il quadro del reato è chiaro fin dal primo momento – abbiano subito abusi prima di venire assassinate spinge ancora una volta a pensare, che sia possibile fermare la violenza prima dell'irreparabile. Per far questo è necessario destinare risorse ai centri antiviolenza, rafforzare le reti di contrasto ad essa tra istituzioni e privato sociale qualificato, effettuare una corretta formazione di operatori sanitari, sociali e del diritto, perché sempre più donne possano sentirsi meno sole, possano superare la paura e divenire consapevoli che sconfiggere e sopravvivere alla violenza è possibile. [Riconosciuto con la Legge n. 38 del 24 aprile 2009 che ha convertito in legge il decreto legge n. 11 del 23 febbraio 2009 recante misure urgenti in materia di sicurezza pubblica e di contrasto alla violenza sessuale, nonché in tema di atti persecutori nei confronti di una vittima determinata, è punito come reato dall’ART 620bis del CODICE PENALE, introdotto dal medesimo decreto: “Salvo che il fatto costituisca più grave reato, è punito con la reclusione da sei mesi a quattro anni chiunque, con condotte reiterate, minaccia o molesta taluno in modo da cagionare un perdurante e grave stato di ansia o di paura ovvero da ingenerare un fondato timore per l'incolumità propria o di un prossimo congiunto o di persona al medesimo legata da relazione affettiva ovvero da costringere lo stesso ad alterare le proprie abitudini di vita” La pena è aumentata se il fatto è commesso dal coniuge legalmente separato o divorziato o da persona che sia stata legata da relazione affettiva alla persona offesa. La pena è aumentata fino alla metà se il fatto è commesso a danno di un minore, di una donna in stato di gravidanza o di una persona con disabilità di cui all'art. 3 della legge n. 104 del 5 febbraio 1992, ovvero con armi o da persona travisata.] E per ultimo un appello/consiglio per tutto il mondo maschile: Dentro questo fenomeno si legge molta misoginia e mancanza di rispetto per l’altra, per l’altro, mancanza di dialogo e voglia di combattere insieme i problemi. È una tragedia nazionale che perversa da Nord a Sud e che si consuma nei piccoli paesi e nelle grandi città e attraversa tutti gli ambienti sociali, dal più povero al più ricco.C’è il problema di quella forma di cultura maschile, radicata nel senso del “possesso” troppo spesso scambiato per amore dalle stesse donne, che, vittime di questo malinteso, si vergognano di reagire. Bisogna quindi creare una cultura dell’ antiviolenza nelle nostre scuole e nelle nostre famiglie ed avere il sostegno di istituzioni consapevoli e determinate ad affrontare, subito, un’emergenza sociale e culturale nazionale, europea e mondiale. Il problema è quindi di TUTTI e le donne non possono e non vogliono lottare da sole! Non esiste il sesso forte. L’uomo e la donna esistono perché sono diversi e complementari e solo insieme possono creare una società diversa e migliore di quella attuale. Noi donne abbiamo bisogno degli uomini e dirlo non è un segno di debolezza ma d’intelligenza. Aiutateci a vincere questa battaglia di civiltà. Insieme".