Novara - Parte il bando di finanziamento di Fondazione Carolina, la Onlus voluta da Paolo Picchio, papà della prima vittima di cyberbullismo, diventata icona grazie al suo messaggio: “Le parole fanno più male delle botte”. L’iniziativa promuove sui territori azioni integrate a tutela dei minori contro i pericoli del web. Fino al prossimo 15 giugno gli istituti scolastici di tutta Italia potranno partecipare alle selezioni di “A scuola di like”, il bando con cui Fondazione Carolina intende finanziare azioni di rete territoriale per incentivare la tutela dei minori sul web e contrastare i fenomeni illegali nella rete. L’iniziativa si rivolge alle scuole di ogni ordine e grado, pubbliche e private, sull’intero territorio nazionale, che vogliano promuovere percorsi formativi in partenariato con attori locali impegnati in varia misura nell’educazione dei giovani.
Per info: bando2019@fondazionecarolina.org
Pur individuando le scuole come capofila, i beneficiari del bando non risultano solamente gli studenti, ma anche le famiglie, gli insegnanti, i docenti referenti per il cyberbullismo, il personale ATA e tutti gli adulti con responsabilità educativa. La dotazione finanziaria complessiva per A SCUOLA DI LIKE è di 60.000 euro. Ogni proposta progettuale potrà richiedere a Fondazione Carolina un contributo fino ad un massimo di 20.000 € e dovrà prevedere una quota di cofinanziamento pari al 10% del valore complessivo di progetto. Ogni scuola, con la sua rete di scopo può presentare una sola proposta progettuale.
“Fino a un paio d’anni fa l’emergenza si limitava ai ragazzi, oggi - spiega il direttore generale di Fondazione Carolina, Ivano Zoppi – sappiamo che senza il coinvolgimento di tutta la comunità educante non possiamo fare la differenza, in questa sfida per il benessere dei nostri figli”.
Una battaglia quotidiana, fatta di consapevolezza, di empatia, di solidarietà e di coraggio. “Il coraggio di denunciare, di perdonare e di ricominciare. Una forza necessaria, contro la paradossale solitudine che attanaglia le nuove generazioni: costantemente connesse, eppure tanto fragili e condizionate dai nuovi media”, continua Zoppi. Il centro studi di Fondazione Carolina attesta come oggi un ragazzo su quattro sia coinvolto, a vario titolo, in episodi di cyberbullismo.
“Ce lo dicono le statistiche elaborate in sinergia con i principali Atenei, in linea con il trend europeo – commenta il direttore della No Profit dedicata a Carolina – Eppure i nostri ragazzi sono costantemente informati sui rischi che accompagnano una cattiva esperienza digitale”.
Come mai allora i casi non accennano a diminuire? “Manca la giusta continuità educativa, in quello schema famiglia-scuola-famiglia che dovrebbe mettere al centro il minore, ma che si rompe sotto i colpi della noncuranza, dell’omertà e della miopia di quei genitori disposti a negare l’evidenza piuttosto che accettare che il proprio figlio sia un bullo”, osserva Zoppi.
É l’epoca dei Social, in cui il bisogno di apparite si spinge ben oltre il concetto di immagine, abbracciando il bisogno primario di condividere un’idea di sé stesso lontana dalla realtà. “Ecco quindi che forziamo le relazioni, piegando le nostre esperienze alla visibilità e al compiacimento di una platea che spesso neppure conosciamo”, osserva il rappresentante di Fondazione Carolina.
Cosa fare allora? “Non basta sensibilizzare, bisogna accompagnare il percorso di crescita degli studenti, coinvolgere e responsabilizzare i genitori e, soprattutto, garantire il sostegno alle vittime, in rete con le Forze dell’ordine e, se necessario, con adeguato supporto clinico, anche per il recupero dei bulli”, precisa Zoppi.
“Solo in questo ultimo anno scolastico sono stati 4 i casi per cui abbiamo messo a disposizione la nostra equipe di pronto intervento, costituita da professionisti nel campo psicologico, scientifico, legale e comunicativo. Contesti delicati, in cui la quotidianità sbatte improvvisamente contro la violenza, il trauma di un tentato suicidio, o il dramma di una vita spezzata”, sottolinea l’esperto.
La storia di Carolina, scomparsa a soli 14 anni nel gennaio del 2013, schiacciata dalla violenza di migliaia di commenti a margine di un video che la ritraeva vittima di molestie durante una festa, è diventata la storia di tutti. A lei l’intero Parlamento ha dedicato la prima legge in Europa a tutela dei minorenni sul web. Grazie a lei e alla sua denuncia si è aperto il primo processo in materia di cyberbullismo, il cui esito non solo ha individuato con certezza i responsabili, ma ha chiarito che nel dolore non c’è nulla di virtuale: il bullismo, specialmente nella sfera digitale, non può essere relegato a semplice ragazzata.
“Mia figlia amava la vita, le sue amiche, il cielo stellato e le valli innevate: senza tutta quella cattiveria, persino da gente che neppure la conosceva, lei sarebbe ancora qui”, ricorda con lucidità Paolo Picchio. “Le sue parole, il suo sorriso oggi rivivono nella nostra Fondazione, che soltanto nell’ultimo anno ha incontrato 30mila ragazzi in 130 scuole, dove abbiamo formato oltre oltre 4mila docenti”, riassume Picchio. “Ringrazio tutte le persone che mi hanno seguito e sostenuto in questa battaglia che, con il tempo, sta diventando una straordinaria avventura. Questa macchina, fatta di cuore e competenze, vive grazie al volontariato e alle donazioni delle famiglie; per questo – conclude il papà di Carolina – abbiamo lanciato la nostra prima campagna 5x1000, in cui ci rivolgiamo con ironia a tutti quei genitori che riescono a parlare con i loro figli solo quando il telefono non prende”.