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L’UPO PROMUOVE CORRIDOI UMANITARI PER GLI STUDENTI SIRIANI

Il progetto è stato anche di recente presentato sulla rivista internazionale “The Lancet”

Novara - Dopo la presentazione avvenuta lo scorso 31 ottobre a Roma, in occasione del seminario organizzato dall'UNHCR (l’Alto Commissariato delle Nazioni Unite per i Rifugiati) per presentare il “Manifesto dell’Università Inclusiva”, di cui l’Università del Piemonte Orientale è firmataria, il progetto dei “Corridoi umanitari” per gli studenti di nazionalità siriana è giunto all’attenzione dell’importante rivista di settore “The Lancet”, che nei giorni scorsi ha pubblicato una lettera a riguardo, firmata da Gianluca Gaidano, Menico Rizzi, Andrea Turolla (Direttore generale UPO), Roberto Barbato (Pro-rettore UPO), Raffaella Balocco, Wael Al Essa, Umberto Dianzani (Direttore del Dipartimento di Scienze delle Salute UPO), Raffaella Ravinetto, ricercatrice presso l’“Institute of Tropical Medicine” di Antwerp, Belgio.

La stessa rivista, considerata tra le prime cinque riviste mediche internazionali, attraverso la “UCL-Lancet Commission on Migration and Health” (Commissione su Migrazioni e Sanità) ha di recente chiesto un rafforzamento, attraverso organismi di regolamentazione e di formazione, della consapevolezza degli operatori sanitari e delle organizzazioni sul tema della discriminazione.

In un mondo in cui 37 milioni di bambini non hanno accesso all’istruzione primaria e secondaria e sempre più giovani che vivono in aree di conflitto non riescono a iniziare o completare gli studi universitari, il progetto dei “Corridoi umanitari” risponde in pieno agli appelli lanciati da più parti.

Promosso dal professor Gianluca Gaidano – ordinario di Ematologia presso il DIMET – e dal professor Menico Rizzi – ordinario di Biochimica presso il DSF – il progetto pilota dei “Corridoi umanitari” è attivo all’UPO da tre anni, in collaborazione con la Comunità di Mar Musa in Siria e il Jesuit Refugee Service.

Rispondendo alla Risoluzione 2015/2977 del Parlamento Europeo, il programma fornisce agli studenti siriani un visto di ingresso nel nostro paese come “studenti” e non come “rifugiati”, garantendo loro perciò il diritto allo studio in un Paese europeo, ma conservando la cittadinanza. Questa formula permette agli studenti il rientro in Siria, dove potranno rendersi parte attiva e integrante nel tessuto sociale e lavorativo, mettendo a disposizione le competenze e conoscenze acquisite.

Gli studenti sono iscritti primariamente a corsi dell’area medica e biomedica – Medicina e Chirurgia, Biotecnologie mediche, Biologia – ma anche nell’area delle Scienze Economiche e l’Università si è fatta carico dei costi di ospitalità con l’aiuto finanziario di altri enti.

«Questo progetto è un progetto strategico per l’Ateneo – sottolineano i professori Rizzi e Gaidano – e risponde non solo ad una naturale e irrinunciabile ragione di solidarietà umana verso giovani che vivono in estrema difficoltà per la guerra e il cui futuro è pesantemente compromesso, ma anche al dovere altrettanto irrinunciabile che le Istituzioni educative e Accademiche hanno di costruire un futuro di pace e prosperità,  sia nel Paese e per il Paese in cui operano, sia in una logica globale, che non può avere confini e che quindi, a maggior ragione, si deve concentrare laddove il raggiungimento di questo obiettivo appare più difficile.