Novara - Riceviamo e pubblichiamo da Paolo Canazza di Novara.
Quando la scuola non è più al centro della società italiana… e novarese! Il concetto espresso qui sopra non è né retorico, né rassegnato, ma è la semplice constatazione di quanto nella nostra società poco conti il mondo dell’istruzione.
Vorrei però trattare una tematica novarese, giusto per far capire come, per quanto poco possano incidere le amministrazioni locali su questo tema a livello finanziario (a loro dire) in questo particolare periodo storico, una linea di demarcazione possa essere tracciata. Ma procediamo con ordine. Durante l’estate comincia il tormentone del riscaldamento delle aule delle scuole secondarie: la Provincia sostiene che, evitando di andare a scuola il sabato, si potrebbero risparmiare denari anche a livello di trasporto locale, dove una SUN con il fiato corto cerca di economizzare il più possibile sui servizi da erogare. Inutile dire che l’intromissione della Provincia nella gestione della programmazione scolastica sia un’invasione di campo tutt’altro che condivisibile, ma è soprattutto nel merito che si scatena la polemica: la pianificazione didattica in alcuni istituti (salvo che al Liceo Classico) viene sacrificata in nome di una spending review che avrebbe meritato migliore analisi.
Andiamo avanti: nelle scuole primarie ecco che arriva la “grana” mensa. L’attuale gestore del servizio di somministrazione alimentare viene messo sotto accusa per aver ridotto le razioni e aver tolto dal proprio menù i prodotti locali IGP, questo senza aver contestualmente provveduto a ritoccare al ribasso le tariffe. Il tutto, naturalmente, con l’avallo del Comune che giustifica queste scelte in maniera decisa. Anche in questo caso, le proteste dei genitori e le petizioni raccolte non sortiscono alcun effetto. A fine ottobre, poi, ci si mette anche uno sciopero da parte degli addetti della ditta fornitrice a infuocare gli animi.
Vogliamo poi dire qualcosa dell’enorme aumento dei servizi pre e post scuole primarie e dell’infanzia? E’ finito il periodo del tutto gratis, adesso i servizi si devono pagare (in qualche caso anche in maniera salata), quantomeno in proporzione alle possibilità di ogni singola famiglia. E’ questa la solfa che si sentono ripetere i comitati dei genitori che cercano di far valere le proprie ragioni nei confronti di sindaco, vicesindaco e assessore alle politiche sociali in un recentissimo incontro che non ottiene ancora una volta alcun riscontro positivo. A detta dell’amministrazione, ciò che muove il loro agire è la logica del buon padre di famiglia… se non che…
Se non che, andando a spulciare le poste di spesa del bilancio preventivo del Comune di Novara, appena approvato dopo molte polemiche, si scopre che, in realtà, il denaro dei cittadini l’amministrazione ha deciso di investirlo in maniera differente, cofinanziando opere come il PISU, atto a riqualificare Sant’Agabio con un’opera di cementificazione molto contestata, investendo su progetti come la pedonalizzazione di Piazza dei Martiri, avversata dalle associazioni dei commercianti, e procedendo ai lavori di ripristino del Castello Sforzesco (che dovrebbe diventare la sede della nuova biblioteca civica), opera anch’essa della cui utilità francamente in molti non sentono l’impellente necessità.
Va detto che molte di queste opere non sono finanziate integralmente dal Comune ma sono solo, come detto, cofinanziate, ovvero il Comune metterà solo una parte dei denari necessari, attraverso la stipula di mutui atti allo scopo, mentre l’altra parte verrà elargita da altri enti e istituzioni. E l’intervento comunale è fondamentale proprio per l’avvio dei lavori in quanto, senza questo input iniziale, la parte aggiuntiva non verrebbe erogata.
Restano tuttavia sullo sfondo un paio di domande: se è vero, come è stato sostenuto da alcuni consiglieri comunali in una recente seduta di consiglio, che, per esempio, i lavori per la pedonalizzazione di piazza dei Martiri dovrebbero essere coperti economicamente da oneri di urbanizzazione e cimiteriali, ovvero entrate piuttosto certe, mentre i lavori di messa in sicurezza delle scuole primarie (eh sì, perché sembrerebbe che i sistemi di protezione antincendio e di evacuazione non siano più a norma in molti plessi) dovrebbero essere pagati tramite le alienazioni di alcuni beni pubblici, entrate piuttosto incerte viste le aste deserte degli ultimi tempi, non è che forse si sta un po’ invertendo l’ordine delle priorità?
E, per ultima, una domanda che racchiude tutte le considerazioni che le vicende qui narrate riprendono: se un’amministrazione, che a parole si dice di sinistra, cioè attenta ai bisogni degli ultimi e dei più deboli, ritiene di non intervenire a sostegno delle famiglie e della scuola nella sua interezza, ma di continuare a svilire quest’ultima considerando non prioritarie le necessità sue e dei suoi “piccoli e futuri” cittadini, che società abbiamo, o meglio, hanno in mente di costruire?
Un momento di riflessione sarebbe veramente il caso di farlo, cari amministratori. Cordialmente.
Paolo Canazza